Ora Assad preoccupa anche i russi

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WASHINGTON — I ribelli avanzano e il regime siriano non esita a bombardare i quartieri a sud e a oriente della capitale. Esplosioni che fanno eco ai proclami dei due contendenti in vista della «battaglia di Damasco». E’ forse per questo che Assad avrebbe armato le bombe con il temuto gas Sarin.
Ieri le informazioni sugli scontri si sono alternate a quelle legate ai contatti internazionali. A sorpresa, il segretario di Stato Hillary Clinton ha avuto un incontro a tre a Dublino con il ministro degli Esteri russo Lavrov e l’inviato Onu Lakhdar Brahimi. Usa e Russia hanno rinnovato l’appoggio alla mediazione. Washington spera che Bashar Assad vada via e conta sull’appoggio di Mosca ma per ora il raìs è arroccato nella capitale. I russi, con il passare delle settimane, hanno preso atto dei problemi del loro alleato arabo e hanno ammorbidito le resistenze ad un’uscita di scena del leader. Ma chiedono garanzie. Gli spazi per manovrare restano comunque angusti e allora ci si prepara al peggio.
In Turchia arriveranno tra pochi giorni le dieci batterie di Patriot destinate a creare un ombrello contro eventuali incursioni dei caccia siriani. Saranno fornite dalla Germania che invierà  missili e 400 militari, Olanda e Stati Uniti. Un dispiegamento per dimostrare il concreto appoggio ad Ankara, sommersa dagli oltre 130 mila profughi e coinvolta di fatto nel conflitto. Gli Stati Uniti hanno poi rischierato una squadra navale guidata dalla portaerei Eisenhower e messo in allarme i jet presenti nella base turca di Incirlik. Mobilitazione legata ad un possibile uso di gas letali da parte di Assad: ieri il segretario alla Difesa Leon Panetta ha ribadito che l’intelligence ne ha le prove. La rete Nbc, infatti, ha rivelato che il regime non solo ha dato ordine di mescolare le componenti degli ordigni chimici (di solito sono tenute separate) ma anche di armare quelli destinati ai caccia. Il dittatore potrebbe far ricorso al nervino — anche se alcuni osservatori sono scettici — per ostacolare le «brigate» ribelli all’offensiva. Nell’est del Paese dominano gli islamisti rafforzati da volontari iracheni, nella zona di Aleppo e Idlib i governativi appaiono in difficoltà . Molte basi sono abbandonate al loro destino in quanto i lealisti non appaiono in grado di rifornirle. E negli ultimi giorni la IV Divisione, una delle poche unità  d’élite, è impegnata nel settore di Damasco dove gli insorti hanno tentato di sfondare dopo la conquista di una caserma.
Gli sviluppi sono seguiti con attenzione a Washington. La Casa Bianca, insieme agli alleati occidentali, intende privilegiare i rapporti con l’anima laica della resistenza isolando quella jihadista. Facile a dirsi, poco a farsi. I combattenti estremisti hanno un peso considerevole. In primo luogo sono ben addestrati, poi ricevono finanziamenti generosi dal Golfo e le loro capacità  militari sono indiscusse. I successi hanno portato consensi e oggi diversi gruppi minori li emulano o imitano almeno esteriormente nella speranza di ottenere fondi. Ora gli Usa potrebbero inserire la fazione più temuta, Al Nusra, nella lista del terrorismo visto che i suoi uomini usano spesso kamikaze e autobombe. L’obiettivo è di ampliare il supporto internazionale ai ribelli «fidati» favorendo anche un canale con Mosca e lasciando nell’angolo gli islamisti. Ma la manovra l’avrebbero dovuta compiere mesi fa. Si è perso troppo tempo e non sarà  agevole dettare regole a movimenti che in questo periodo hanno conquistato una loro legittimità .


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