Praia, la rabbia delle comunità  contro le «stragi bianche»

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Lutto, indignazione, voglia di verità  negli occhi delle centinaia di persone che sotto una pioggia battente sono scese in piazza a Praia, in provincia di Cosenza, per chiedere l’immediata restituzione alla collettività  dei territori devastati dal miraggio dell’industrializzazione. Nonostante il maltempo, si sono ritrovati in tanti davanti ai cancelli della Marlane, azienda tessile oggi dismessa, i cui vertici sono sotto processo nel tribunale di Paola perché accusati di non aver fatto nulla per impedire la «strage bianca» delle diverse decine di operai che hanno contratto il cancro nel corso di due decenni, a causa delle esalazioni tossiche dei coloranti impiegati nella lavorazione. 
Comitati ambientalisti e militanti dei centri sociali sono arrivati da tutta la regione per unirsi ai parenti delle vittime della Marlane, che temono l’ennesimo clamoroso caso di prescrizione in un procedimento giudiziario per il mancato rispetto delle norme di sicurezza sul posto di lavoro. La manifestazione ha raccolto il grido di protesta di diverse comunità  calabresi. Numerose le situazioni allarmanti che attendono un intervento di bonifica. Oltre ai veleni che sarebbero stati interrati intorno allo stabilimento della Marlane, i partecipanti al corteo hanno voluto richiamare l’attenzione delle istituzioni su altri casi di grave inquinamento. Lunghissimo l’elenco delle ferite inferte alla Calabria. Ad iniziare dalla Valle dell’Oliva nei pressi di Amantea, dove le inchieste giudiziarie hanno accertato la presenza di centomila metri cubi di scorie industriali a ridosso di un fiume. A Praia l’attenzione è stata puntata anche sul comprensorio di Crotone avvelenato da rifiuti industriali di ogni genere, e sulla piana di Sibari imbottita di ferriti del Crotonese, clandestinamente interrate sotto frutteti ed oliveti. 
In una lettera aperta, i promotori della manifestazione invitano gli amministratori locali a prendere in seria considerazione «l’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore della Sanità  denominato ‘Sentieri’ dove è provata scientificamente la relazione fra luoghi inquinati quali discariche, e fabbriche e malattie tumorali». Il comitato sottolinea che aree interessate da enormi discariche di scorie, sono ovunque. Eppure sembrano consegnate all’oblio situazioni come quella del «Fiume Noce dove – si legge nella lettera aperta – sversano liquami interi paesi e dove insiste un impianto di depurazione molto controverso, e poi ancora di Rossano e delle sue frazioni del Bucita e dell’Olivellosa, di Motta San Giovanni, di Ciminà , di Palizzi, di Cariati, di San Calogero a Vibo. È un elenco certamente non esaustivo, ben sapendo della presenza di altre centinaia di siti sfruttati come discariche dalla ‘ndrangheta spesso in combutta con politici, funzionari statali dai quali ricevono facili autorizzazioni». Tra gli obiettivi ribaditi nel raduno di Praia, «l’istituzione, provincia per provincia, di un registro dei tumori» e la creazione di una commissione regionale che si occupi solo di questa problematica.


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