Sfruttamento dei lavoratori migranti, Amnesty: ”Diffuso in tutta Italia”

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ROMA –  “Le autorità  italiane garantiscano ai lavoratori migranti, indipendentemente dal loro status migratorio, un efficace accesso alla giustizia, istituendo meccanismi sicuri e accessibili per coloro che intendano presentare esposti e denunce contro i datori di lavoro, senza timore di essere arrestati ed espulsi”. È quanto chiede Amnesty International, nel suo rapporto sullo sfruttamento dei lavoratori migranti nel settore agricolo italiano, “Exploited labour: Migrant workers in Italy’s agricultural sector” , che documenta lo sfruttamento del lavoro dei migranti in Italia, un fenomeno “diffuso e sistematico in tutto il paese”. Paghe inferiori di circa il 40 per cento a parità  di lavoro, riduzioni arbitrarie dei compensi, ritardato o mancato pagamento, lunghi orari di lavoro e spesso false promosse di documenti che non arrivano mai. È quanto raccontano le vittime dello sfruttamento, spiega Amnesty, quasi sempre migranti africani e asiatici e, in alcuni casi, cittadini dell’Unione europea (soprattutto bulgari e rumeni) e cittadini di paesi dell’Europa orientale che non fanno parte dell’Unione europea (tra cui gli albanesi). 

Lo studio ha documentato situazioni di sfruttamento nelle province di Latina e Caserta, incontrando sul posto, in condizioni di anonimato, lavoratori migranti indiani e africani. “I primi quattro anni dopo essere arrivato in Italia ho lavorato in una fabbrica che confeziona cipolle e patate per l’esportazione – racconta uno dei lavoratori intervistati -. Mi pagavano 800 euro al mese per 12-14 ore di lavoro al giorno. Il datore di lavoro mi diceva sempre che se avessi lavorato duro e bene, mi avrebbe fatto avere i documenti, ma non l’ha mai fatto”. Mancanza di documenti che spesso sono la causa della mancata denuncia dello sfruttamento. “Lavoro 9-10 ore al giorno dal lunedì al sabato, poi cinque ore la domenica mattina, per tre euro l’ora – spiega un altro lavoratore -. Il datore di lavoro mi dovrebbe pagare 600-700 euro al mese; io contavo di mandare 500 euro al mese a mio padre in India. Negli ultimi sette mesi, però, il datore di lavoro non mi ha pagato il salario intero. Mi da’ solo 100 euro al mese per le spese. Non posso andare alla polizia perché non ho documenti: mi prenderebbero le impronte e dovrei lasciare l’Italia”.

La legislazione italiana, spiega il rapporto, ha introdotto il reato di ingresso e soggiorno illegale. ”Questa legislazione pone i lavoratori migranti nella condizione di non poter chiedere giustizia per salari inferiori a quanto concordato – spiega Amnesty -, per il mancato pagamento o per essere sottoposti a lunghi orari di lavoro. La prospettiva, per molti di loro, è che se denunciano lo sfruttamento vengono arrestati ed espulsi a causa del loro status irregolare”. Una situazione che riguarda tanti dei migranti presenti in Italia, spiega Amnesty. All’inizio del 2011, infatti, la presenza di cittadini stranieri in Italia era stimata intorno ai 5,4 milioni, circa l’8,9 per cento della popolazione. Di questi, spiega l’organizzazione in difesa dei diritti umani, circa mezzo milione di lavoratori migranti sono privi di documenti validi. Per Francesca Pizzutelli, ricercatrice del Segretariato Internazionale di Amnesty International e autrice del rapporto, “il controllo dell’immigrazione può costituire un interesse legittimo di ogni Stato, ma non deve essere portato avanti a danno dei diritti umani di coloro che si trovano nel suo territorio, lavoratori migranti inclusi”. 

 

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