Sì al decreto salva-Ilva, ma è scontro con i pm

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TARANTO — Il presidente della Repubblica ha firmato il decreto “salva Ilva”. E a Taranto i giudici affilano le armi. Sul provvedimento sarà  battaglia. Il testo, alla fine, è stato ampiamente rivisitato al Quirinale. Nella sua formulazione definitiva, il decreto è tarato sul concetto di “stabilimenti di interesse strategico nazionale”. «In caso di stabilimento di interesse strategico nazionale — si legge — il ministro dell’Ambiente può autorizzare la prosecuzione dell’attività  produttiva per un periodo non superiore a 36 mesi». L’Aia, di per sé, offriva la possibilità  di agire per 72 mesi: Napolitano, dopo lunghe consultazioni con il governo, ha dimezzato i tempi e allargato
la possibilità  di intervento dell’esecutivo anche per altri siti nel paese. Nel decreto definitivo, già  in Gazzetta, si specifica, altra novità , che gli stabilimenti strategici che saranno interessati dovranno avere un numero non inferiore a duecento «lavoratori subordinati» da almeno un anno e, quindi, vi sia «una assoluta necessità  di salvaguardia dell’occupazione e della produzione».
Per l’Ilva resta in piedi la parte più discussa, quella che dovrebbe far scattare il ricorso della magistratura di Taranto. «Le disposizioni — continua il decreto — trovano applicazione anche quando l’autorità  giudiziaria abbia adottato provvedimenti di sequestro sui beni dell’impresa. I sequestri non impediscono», nei 36 mesi,
«l’esercizio dell’attività ». Una formulazione più morbida che non cambia il nocciolo: il decreto interrompe l’azione penale. I pm tarantini non hanno dubbi: Il provvedimento presenta profili di incostituzionalità  poiché disinnesca l’efficacia dei sequestri scattati per l’inquinamento killer sprigionato da sei reparti dell’area a caldo dell’Ilva.
«A prima vista il testo autorizza perplessità  », aveva subito dichiarato il procuratore capo Franco Sebastio. Ieri gli ha fatto eco il segretario nazionale dell’Associazione nazionale magistrati Maurizio Carbone, pm in servizio a Taranto: «Siamo di fronte a un caso unico perché si stabilisce per legge l’inefficacia dei provvedimenti dell’autorità  giurisdizionale». Nei prossimi giorni
le toghe solleveranno la questione di incostituzionalità . A farlo potrebbe essere proprio il gip Patrizia Todisco giovedì, in sede di Riesame: è stata lei a confermare ieri il carcere per l’ex dirigente Girolamo Archinà . Confindustria tenta un’ultima mediazione: «Il garante della bonifica sia proprio il procuratore capo Sebastio».
Ilva deve fare i conti con le conseguenze dello spaventoso tornado di mercoledì scorso: in rada ci sono undici mercantili pieni di minerale, l’ormeggio è complicato, la fabbrica rischia il blocco per mancanza di materia prima. Oggi parte la cassa integrazione per un massimo di 1950 lavoratori dell’area a freddo e altri 480 dell’area a caldo resteranno in cig.


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ARBITRO PARZIALE

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La procura di Taranto ha posto sotto sequestro l’Ilva locale accusando titolari e dirigenti di «ridimensionare problematiche anche gravi in materia ambientale», per consentire allo stabilimento «la prosecuzione dell’attività  produttiva senza il rispetto, anzi in totale violazione e spregio», delle norme di tutela ambientale. Come risposta ai giudici intransigenti e ai padroni senza vergogna i lavoratori hanno occupato la fabbrica; come per dire, ancora una volta, «la fabbrica è mia, sono infatti io a viverci e a morire».

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