Un giorno a Tangeri nella fabbrica “pulita”

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TANGERI. La fabbrica a zero emissioni non è più un sogno. Davanti a Gibilterra, nel più quieto dei paesi arabi, è maturata una nuova tappa della lenta transizione verso l’economia low carbon, il sistema produttivo che prende le distanze dai combustibili fossili per garantire la sicurezza climatica. E a lanciare la sfida è proprio uno dei settori più spesso sotto accusa per l’impatto ambientale: l’automobile.
A Melloussa, 40 chilometri da Tangeri, a febbraio è stato inaugurato uno stabilimento Renault che produce macchine a marchio Dacia (Lodgy e Dokker) abbattendo in modo drastico le emissioni serra. «L’anidride carbonica è stata tagliata di oltre il 90 per cento, arriveremo a quota 98 per cento nell’arco di poco più di un anno », assicura Gaelle Archaimbault, la responsabile ambiente dell’impianto, «un obiettivo raggiunto grazie all’uso di biomasse, all’elettricità  da fonte rinnovabile, all’aumento di efficienza».
Il cambiamento si avverte anche utilizzando il senso più trascurato, l’olfatto. È il naso, girando per i 300 ettari della fabbrica di Melloussa, a farci capire che qualcosa è cambiato. Entrando nel reparto saldatura manca l’assalto pungente del metallo bruciato, neutralizzato da un buon ricambio dell’aria. Ma la vera sorpresa arriva dal
sentore di frantoio che si percepisce avvicinandosi al deposito combustibili.
A emetterlo sono gli scarti di lavorazione delle olive e dell’argan, una pianta tradizionale che dà  un olio dal leggero retrogusto di nocciola, usato per condire il cous cous, il pesce, le insalate. Qui dell’argan usano i gusci. Bruciandoli si crea il calore necessario a scaldare le grandi quantità  di acqua utilizzate per la verniciatura: 800 metri cubi al giorno, che poi sono trattati e recuperati.
L’elettricità , invece, viene dal fotovoltaico e dalle pale eoliche, una fila ordinata che si vede quando l’aereo si abbassa su Tangeri. Il Marocco non ha giacimenti fossili, vuole svilupparsi e guarda con interesse alla crescita sempre più veloce dell’energia pulita. Con la Renault, che ha scommesso 4 miliardi di euro sull’auto elettrica e pochi giorni fa ha inaugurato 40 ettari di pannelli fotovoltaici su 6 siti produttivi francesi, l’intesa è stata rapida.
La casa francese ha ottenuto un vantaggio rafforzando sia il modello green di produzione che la sua presenza in Marocco (dove copre già  il 37 per cento del mercato). Ma anche per Tangeri i benefici risultano evidenti: l’impianto a regime sfornerà  400 mila veicoli, comporta un investimento di 1,1 miliardi di euro, dà  lavoro a 4 mila persone più l’indotto, utilizza fornitori locali per il 70 per cento della merce acquistata, ha aiutato il porto a superare i 2 milioni di container l’anno.
«Con la creazione di questo stabilimento abbiamo dimostrato che è possibile azzerare il 98 per cento della produzione di gas serra anche in fabbriche che richiedono grandi quantità  di energia», spiega Jacques Prost, direttore della Renault Marocco. «Il 2 per cento residuo serve per l’inceneritore con cui si eliminano i residui di alcuni
processi, come quello di recupero dell’acqua. Ma anche l’ultimo passo può essere compiuto. Abbiamo in progetto misure di compensazione per annullare l’effetto di questa quota residuale di CO2: pianteremo alberi per assorbirla».
Missione compiuta? In realtà  per valutare se la sfida verde è vinta bisogna tener conto dell’intero ciclo di vita del prodotto: dal sistema di lavorazione dei fornitori allo smaltimento di tutte le componenti. Da questo punto di vista il cammino a Melloussa è ancora molto lungo. I camion che portano i motori costruiti in Europa danno il loro contributo all’emissione di CO2. Le acque utilizzate negli uffici sono trattate ma non riciclate. L’auto che esce dallo stabilimento non è elettrica né ibrida.
Tuttavia è innegabile che la decisione di costruire una fabbrica che azzera le emissioni prodotte dalla lavorazione segni un salto. E sottolinei la differenza di velocità  tra i tempi della politica e quelli del mondo produttivo. Alla conferenza sul clima di Doha non si sono fatti passi avanti, mentre Melloussa dimostra che per investire sul futuro conviene non trascurare la variabile ambientale. Certo, per arrivare a un sistema di trasporti veramente pulito occorrerà  inserire nel prezzo dei mezzi e dei combustibili il costo dell’inquinamento prodotto dal loro uso. Ma per raggiungere questo obiettivo non basta la buona volontà  di una casa automobilistica.


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