Alta velocità : secondo i pm, «norme aggirate per gli scavi»
Il nodo da sciogliere era quello legato allo smaltimento del materiale di scavo dei tunnel: una quantità enorme, calcolata in circa tre milioni di metri cubi di terra sporcata dagli oli lubrificanti della maxi trivella «Monna Lisa», e fanghi della lavorazione fatta con la bentonite. Di questo hanno parlato ieri in procura i pm titolari dell’inchiesta, Giulio Monferini e Gianni Tei, che insieme ai carabinieri del Ros hanno ascoltato come persona informata sui fatti il funzionario regionale Fabio Zita, autore lo scorso anno di una relazione molto critica sul progetto di stoccare nell’ex cava di Santa Barbara a Cavriglia i materiali prodotti dallo scavo per il sotto-attraversamento, ritenendo che fossero da classificare come rifiuti speciali. In quello che gli investigatori definiscono «gioco di squadra» per eliminare gli intralci alla realizzazione della grande opera, quella relazione e la delibera regionale che ne è seguita erano un problema serio. «Gli indagati – si legge nel decreto di sequestro di “Monna Lisa” e degli inadatti materiali (non) ignifughi destinati al rivestimento delle gallerie – hanno chiarissima la percezione della natura di rifiuto degli scarti che la fresa andrà a produrre». Quindi si attivano per parare il colpo. Utilizzando le inattendibili analisi della Sali che della fresa è la proprietaria, il geologo Gualtiero Bellomo della commissione Via del ministero dell’ambiente «attesta la natura innocua degli scarti, e apre la strada alla loro declassificazione da rifiuti a “sottoprodotto”». Quando poi entra in vigore il decreto 161/12 del governo Monti, il peraltro discusso «Regolamento su terre e rocce da scavo» che non le classifica più come rifiuti (lo restano invece i fanghi di perforazione), il geologo Bellomo secondo i pm «si mostra disponibile ad assicurare, grazie al suo ruolo ministeriale, una corsia preferenziale e senza intoppi al piano di gestione delle terre di scavo, presentato dal general contractor Nodavia». Il via libera del ministero dell’ambiente al piano di gestione delle terre di scavo, che avrebbe fatto partire il motore di «Monna Lisa» per L’inizio ufficiale dei lavori di scavo, è arrivato a Firenze proprio in concomitanza con il sequestro della maxi trivella, montata secondo le accuse con guarnizioni scadenti che avrebbero provocato un massiccio inquinamento da oli lubrificanti delle stesse terre. Ma ora che Bellomo è sotto inchiesta, con gli altri 30 indagati, per le ipotesi di reato di associazione a delinquere e corruzione, restano fermi al palo sia la gigantesca fresa che il piano di gestione. Fra l’altro i magistrati Monferini e Tei ritengono che alcuni indagati abbiano anche nascosto la necessità di trattare – con la calce – il fango prodotto dagli scavi della fresa, «prima di essere messo a dimora nell’area di Santa Barbara».
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