Bus senza gasolio, 400mila a piedi la rabbia di Napoli: “Non siamo bestie”

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NAPOLI – Come se fosse normale. Si svegliano in una metropoli dove, di colpo, non viaggiano più i bus. Si accorgono che in una fredda mattina di gennaio, il trasporto su gomma è sospeso. Schiantato, nella capitale del sud. Un servizio svuotato, deserto. I viaggiatori a terra: chiedono, protestano, urlano. Invano. E nel Palazzo si innesca il gioco delle autodifese incrociate. Mentre gente inferocita, da un angolo all’altro della metropoli, resta abbandonata alle fermate. «Noi non siamo bestie». Eppure è così che si sentono. Almeno per dieci lunghissime ore.
Restano senza meta, costretti a un autostop di fortuna o a chilometriche camminate, quasi quattrocentomila utenti tra Napoli e provincia: sono quelli che trasporta, in media, l’intera rete su gomma dell’Anm, l’Azienda mobilità  del Comune di Napoli. Escono in servizio solo 50 tra filobus e tram, fino al pomeriggio. Restano fermi invece, quasi 350 mezzi su un parco auto (vecchio e con scarsissima manutenzione) di complessivi 700. Il motivo è noto quasi a tutti: manca il gasolio. Il fornitore del carburante ha voluto vedere il bonifico in banca, ieri, prima di caricare i serbatoi. Aveva accumulato un eccessivo ritardo di pagamento da parte dell’azienda municipale che, a sua volta, vanta un credito di circa 250 milioni nei confronti del Comune di Napoli. Poi il drammatico disservizio gradualmente rientra fino a sera. Ma non è finita. Da domani, chissà . «I cittadini dovranno portare ancora pazienza, non si escludono disagi, abbiamo un problema enorme di tagli a catena, di casse vuote», è l’avviso recapitato senza imbarazzi dall’amministratore unico di Anm, Renzo Brunetti. E solo nel tardo pomeriggio il sindaco Luigi de Magistris interviene sulla sua pagina Facebook. Il sindaco dice che «si impegnerà  a stabilire le responsabilità » e a «migliorare il servizio pubblico», ricorda che un tale disservizio «non è stato peggiore di altre situazioni critiche verificatesi nelle scorse settimane, essendo Napoli una città  che è stata salvata, appena 48 ore fa, dal dissesto e dal fallimento», chiarisce anche che egli non è certo «responsabile del carburante», e che lo sorprende «tanta attenzione mediatica». In ultimo, il primo cittadino – sponsor della lista Rivoluzione Civile, di Antonio Ingroia – punta il dito contro «i consolidati avvoltoi pronti ad avventarsi sulla nostra città », che riducono Napoli a «merce da propaganda per colpire la nostra amministrazione». Così, senza nomi. Intanto, scoppia il caso nel caso: perché un così grave disagio è stato comunicato martedì sera, esclusivamente, su un social network e non è passato attraverso i canali di informazione pubblica e istituzionale? «I cittadini non possono essere informati tramite Facebook sulla mancanza di un servizio essenziale», denuncia Roberto Alesse, il presidente dell’Autorità  di garanzia sugli scioperi. È un’altra istruttoria che si apre sul caso. De Magistris dice: «Ho saputo solo in tarda serata di martedì». Se è accaduto al sindaco, figurarsi i cittadini.
Intanto, resta la frattura tra migliaia di napoletani e quei bus. Considerati, ormai, a rischio ogni giorno. La voragine Anm è infatti solo uno dei tasselli dello smantellamento del sistema trasporti in Campania. Una partecipata della Regione, per il trasporto su gomma, l’Eavbus, è appena arrivata al fallimento senza che i vertici della società , con le caselle di comando riempite di amici degli amici, se ne accorgessero. È in ginocchio anche la Circumvesuviana, la ferrovia che serve l’intero comprensorio vesuviano. Non a caso, il governatore Stefano Caldoro solidarizza con de Magistris, difendendolo dagli attacchi che piovono da destra e sinistra. Sel in testa arringa il sindaco: «Pensi ad amministrare la città , invece di fare campagna elettorale». Anche il leader Pd, in città  per la campagna elettorale, striglia il primo cittadino. «Voglio credere che l’amministrazione, uscendo da distrazioni della campagna elettorale, si concentri sui problemi della città », dice Pierluigi Bersani. Intorno, monta la disperazione di tanti lavoratori.
«È immorale farci pagare l’abbonamento e trattarci così», si lamentano due sessantenni, Giacomo e Livia, che avevano fatto un’ora di treno dall’hinterland, Giugliano, per arrivare in uno studio medico di Chiaia, che li aspetterà  a vuoto. «Dove sono i nostri diritti? Dove finiscono le tasse che pagano i miei genitori», si domanda Federico, un laureando in Lingue della Federico II.
Sono cittadini che hanno tra i tredici e i settant’anni: alcuni navigano sul web e sanno cosa li aspetta là  fuori, altri vanno ignari incontro al loro incubo. Sono pensionati, liceali, operai, praticanti procuratori e insegnanti di scuole medie, sono baristi e commesse di boutique e segretarie e bidelli, colf filippine o colombiane. Che scuotono la testa. Una di loro, Vera Santos, è disperata: «Questi bus sono sempre traditori. Ogni giorno c’è un ritardo, la mia signora si arrabbia, e oggi non riuscirò proprio ad arrivare. Mi faranno perdere il posto». Alla fine, si calcola, un cittadino su due ha cestinato la sua giornata. Escono in strada, dalle 6, nel cuore o nella periferia di Napoli, e proprio come annunciava la pagina Facebook di Anm, non c’è un pullman. Zero servizio, appunto. Finisce con un doppio paradosso: la città  che nell’ultimo quindicennio si era almeno conquistata un posto d’onore nel sistema trasporto per le stazioni della metro con le opere d’arte, fa arrivare alcuni milioni di viaggiatori in più, dalla regione verso Napoli, ma in città  non si sa come muoversi, anche per effetto delle tante Zone a traffico limitato. Si respira meglio, ma da fermi. Finisce con un’immagine beffa: a migliaia, ieri mattina, attraversano la galleria Laziale, il tunnel che dal bel lungomare liberato (dalle auto) porta verso ovest. Ma occupano tutti la nuovissima pista ciclabile: a due piedi, anziché a due ruote. Come se fosse normale.


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Non sarà certo per questo motivo che il costo dell’energia elettrica è il più alto d’Europa. Ma se proprio vogliamo fare la classifica delle assurdità che hanno fatto conquistare alle tariffe italiane il primato continentale, in cima a tutte ci sono le tasse sulle tasse. L’Iva viene infatti applicata sull’importo lordo comprensivo dell’accisa: il risultato è che le famiglie pagano ogni anno sulle bollette elettriche almeno 130 milioni di imposte su una imposta.

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