E Washington prospera nonostante la crisi

by Sergio Segio | 22 Gennaio 2013 8:36

Loading

Ma oggi le famiglie americane consigliano ai ragazzi di andare a Washington. Dal 2001 circa, l’Eldorado d’America è la capitale. Nel primo decennio del Terzo millennio, la sua economia e quella del circondario, la cosiddetta area metropolitana, 5 milioni 600 mila abitanti (la città  in sé ne ha 650 mila) è cresciuta in media dell’8% annuo, un ritmo d’espansione alla cinese. E paradossalmente, anziché danneggiarla, il crac finanziario del 2008 e la conseguente crisi economica l’hanno resa più prospera. Il suo tasso di disoccupazione è inferiore al 4%, la metà  di quello nazionale, e un anno fa il suo reddito pro capite è diventato il più alto del Paese, superando San Josè in California, 84.500 dollari contro 84.000. Il reddito del 5% più ricco dei suoi contribuenti, quelli che pagheranno più tasse sotto l’Obama due, è di quasi mezzo milione, roba da Wall Street.
All’inizio del secondo mandato di Obama, Washington è l’oggetto dell’invidia e delle proteste dell’America. Perché? Perché in America, paradiso del capitalismo, la capitale deve la sua fortuna non al mercato ma allo Stato. Dal 2001 ha ricevuto, spiega il politologo Stephen Fuller al New York Times, il 15% di tutto ciò che lo Stato ha speso. E tra le sue tre guerre al terrorismo, in Iraq e in Afghanistan, tra la sterminata burocrazia del nuovo ministero della Homeland security, la Sicurezza nazionale, tra le sue commesse ai «contractor», oltre che alla normale amministrazione, il 15% è balzato da 40 miliardi a 80 miliardi di dollari annui. Per Washington, lo Stato si è rivelato una miniera d’oro, miniera che ha attratto da ogni parte dell’America uomini d’affari, lobbisti, avvocati (se ne contano uno ogni 12 abitanti, un record mondiale) oltre ai giovanotti di cui sopra. In termini monetari, il rapporto di forza tra la capitale e il resto del Paese si è così rovesciato. Negli anni Novanta, Washington s’era talmente impoverita da essere commissariata dallo Stato e disertata dalle corporation. Adesso queste ultime, Google e quelle «biotech» in testa, ne affollano la periferia.
Non che tanta ricchezza abbia ridotto il divario tra i quartieri ricchi e poveri. Per due terzi popolata da afroamericani, la città  nasconde ghetti dove la disoccupazione supera il 20% e il reddito medio è di 9.000 dollari annui. Ma il visitatore non lo vede. Vede invece una capitale imperiale presidiata sì giorno e notte dalle forze dell’ordine, ma con nuovi palazzi, monumenti, teatri, nuove stazioni della metro, nuovi ristoranti e «fitness center», con uffici lussuosi, costosi Suv, parchi pubblici e giardini privati immacolati, tutti figli di un boom edilizio pagato dal governo, che non si è fermato nonostante il crollo dei mutui subprime. Vede nuovi ricchi. Tra questi ultimi non figurano più i parlamentari, il cui stipendio medio annuo è di 174.000 dollari e che individualmente possono rifiutare i periodici aumenti, bensì guru politici e mediatici, stelle del cinema, imprenditori, in particolare costruttori. Un’America che nonostante il deficit di bilancio e il debito sovrano ha sinora evitato l’austerity.
L’austerity tuttavia sta per bussare alle porte di Washington. Il «fiscal cliff», il precipizio fiscale in cui il Paese rischiò di cadere a Capodanno, potrebbe spalancarsi di nuovo tra poche settimane, e la capitale potrebbe cadervi dentro. «La sua economia dipende per il 40% dallo Stato», osserva l’economista Robert Pollin. Molto dipenderà  dai tagli di Obama. Se colpiranno soprattutto la difesa, le ripercussioni saranno modeste: «Ogni milione di dollari speso dal Pentagono crea appena 11 posti di lavoro», rileva Pollin. Ma se colpiranno i lavori pubblici o i servizi sociali le conseguenze saranno dolorose perché, aggiunge l’economista, «ogni milione di dollari speso in infrastrutture ne crea 17, e ogni milione di dollari speso nell’istruzione ne crea 27». I washingtoniani però non disperano: confidano che dopo un decennio d’oro, il presidente, che crede negli stimoli economici, ne dia loro uno d’argento.

Post Views: 165

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2013/01/e-washington-prospera-nonostante-la-crisi/