Fiat, accordo-ponte per il 2013 «Aumenti legati ai turni»

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MILANO — Dicono ovviamente: «Noi siamo pronti». Ma nessuno ne dubitava. Sono l’incontrastato numero uno europeo. Nel mirino hanno la scalata alla leadership mondiale. E su quella strada hanno appena messo un altro tassello: 5,740 milioni di macchine vendute, +12,7% sul 2011, ennesimo record di una lunghissima «striscia» di crescita. Con utili che andranno in proporzione potranno permettersi di sparare, nel triennio, 50 miliardi di investimenti: munizioni che nessun altro ha (di sicuro non nel Vecchio Continente). Eppure, nel giorno in cui annuncia di aver superato ancora se stessa, e per di più nell’annus horribilis dell’auto Ue, Volkswagen aggiunge anche: «Il 2013 sarà  molto difficile».
Detto da altri, sarebbe routine (dov’è la notizia?). Detto da Wolfsburg, fa strano. Perché gli uomini di Ferdinand Pià«ch non avevano usato una definizione così cruda — non riferita a se stessi, almeno — neppure nelle previsioni di quel 2012 che, per l’Europa, tutti sapevano sarebbe stato disastroso. E perché, in un parallelo ripetuto a posizioni ribaltate, oggi «gli altri» sembrano vedere un filo meno nero. Il mercato andrà  a picco ancora per un po’, di questo nessuno dubita. Però il fondo è ormai talmente in basso che, nelle analisi alla vigilia del Salone di Detroit, buona parte del settore scommette (o spera): potrà  essere gia il secondo trimestre a portare, se non una ripresina, quanto meno un inizio di rimbalzo. «Visto» negli identici tempi anche da Sergio Marchionne: sul breve non si fa illusioni, e infatti propone un rinnovo-ponte di un solo anno e con soli 40 euro di aumento per il contratto italiano Fiat (sindacato e azienda si rivedranno mercoledì prossimo), ma è poi sufficientemente ottimista da scommettere sul medio periodo e decidere di rilanciare gli investimenti nel Paese (a partire da Melfi).
Dopodiché, certo: anche questo conferma che il 2013 non segnerà  ancora l’uscita vera dall’inferno europeo, e che qui tutti — da Peugeot-Citroà«n alla stessa Fiat, da Ford a Opel — continueranno ad avere grossi o grossissimi problemi. Sicuro: molti cominceranno a chiudere fabbriche. E sì, in questo scenario è il Financial Times — giusto ieri — a re-incoronare Volkswagen regina: proprio la Grande Crisi, scrive, ha accelerato il suo dominio nel Continente, e con quell’ambizioso piano di investimenti sta per inviare un nuovo, «inequivocabile segnale» agli altri costruttori.
Allora come leggere le parole di Christian Klinger, il responsabile di marketing e vendite, sul 2013 «molto difficile» per il gruppo? Quali sono, le «sfide nuove e impegnative» che «dovremo affrontare»? Cosa, di più impegnativo del 2012? Niente, forse. Più probabile siano soltanto frasi «isolate» o «tattiche», che Pià«ch e Martin Winterkorn riequilibreranno già  a Detroit. È vero però che anche l’invincibile armata Volkswagen, a dispetto dell’aggressiva politica dei prezzi, non ha vinto ovunque. In Europa qualche colpo l’ha preso: le vendite sono scese pure per Wolfsburg (6,9%), e pure dentro i confini di casa (- 1,2% il bilancio nella fortezza Germania). È solletico, per le robustissime spalle Vw. Però è la prima volta. Un po’ l’immagine la incrina. E qualche fastidio (inatteso) lo dà .


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