Gli uomini del presidente

by Sergio Segio | 10 Gennaio 2013 8:31

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NEW YORK — John Kerry sostituirà  Hillary Clinton al Dipartimento di Stato, John Brennan prenderà  il posto lasciato vacante dal dimissionario generale David Petraeus ai vertici della Cia, Chuck Hagel guiderà  la Difesa e Jack Lew sarà  il nuovo segretario al Tesoro al posto di Timothy Geithner.
L’assenza di donne dalla stanza dei bottoni dell’«Obama II» sta creando un putiferio tra le elettrici americane che, dopo essersi rivelate l’elemento cruciale della sua rielezione, si vedono escluse da posizioni di leadership del suo nuovo governo. «Guardando una foto scattata il 29 dicembre scorso nello Studio Ovale — punta il dito Annie Lowrey sul New York Times — non si può non notare come tutte le dieci persone con il presidente siano uomini». «Maschi e bianchi», la corregge Rosa Brooks, columnist di Foreign Policy e docente alla Georgetown University.
Dalla blogosfera ai salotti tv e dai social media alle prime pagine dei grandi quotidiani, le donne si sentono tradite dal presidente che, solo quattro anni fa, avevano elogiato come il più «inclusivo» della storia. «Avevamo riposto la fiducia in lui ma ci ha deluso», dichiara Terry O’Neill, capo della potente National Organization for Women.
Il problema è che le pioniere dell’«Obama I» sono tutte in partenza — oltre ad Hillary, se ne vanno anche Christina Romer del Consiglio dei consulenti economici, Carol Browner dell’Office of Energy and Climate Change Policy, Lisa Jackson del ministero per l’Ambiente e, notizia di ieri, la titolare del Lavoro Hilda Solis — e in pole position per prendere il loro posto sono soprattutto colleghi uomini.
«L’Obama II rischia di essere meno diversificato del governo di George W. Bush», mette in guardia Paul Light, docente alla New York University esperto in nomine politiche. Le femministe non hanno perdonato a Obama di aver ritirato la candidatura dell’afroamericana Susan Rice a segretaria di Stato nel dopo-Bengasi. «Ha lasciato che fosse lapidata da un gruppo di ragazzacci del Congresso», lo rimprovera la Brooks mentre l‘Huffington Post accusa Obama di «aver perso un’occasione storica: nominare Michèle Flournoy come prima donna ai vertici del Pentagono».
«Il nostro presidente è affetto dalla Sindrome di Groucho Marx — ironizza la columnist di Bloomberg Margaret Carlson — perché favorisce i membri di un club cui non appartiene». La Carlson si riferisce alla famosa frase del comico ebreo («Non vorrei mai far parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come me») pronunciata nel dare le dimissioni dal Friar’s Club di Hollywood. «Ma il suo governo assomiglia più al famigerato club razzista e misogino Augusta National Golf Club in Georgia», chiosa la Carlson.
«Obama è impegnato a cercare il miglior candidato per ogni incarico», lo difende il portavoce Jay Carney. «Washington pullula di donne qualificate», ribatte Jena McGregor sul Washington Post, che ritira fuori la celebre gaffe fatta da Mitt Romney durante un dibattito presidenziale per esortare Obama a «farsi spedire i raccoglitori pieni di donne dal tuo ex rivale».
La notizia della conferma di Eric Holder al ministero della Giustizia ha deluso le aspettative perché in lizza per succedergli c’erano donne luminari del foro come Martha Coakley e Lisa Madigan, attorney general, rispettivamente, del Massachusetts e dell’Illinois. La posta in gioco, per l’Obama II, è enorme. «Se non ci sono donne ai vertici della nostra politica estera — mette in guardia la Brooks — l’America mostra ai suoi partner afghani, sauditi e pachistani di parlare bene e razzolare male».

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