I Democratici invitano il Professore: patto per le riforme, ma no a scambi

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ROMA — «Siamo aperti a una collaborazione con Monti, non per uno scambio di favori ma per firmare un patto per le riforme e per la ricostruzione del Paese», ha detto Pier Luigi Bersani, intervistato dal Washington Post, che lo accredita come front runner (il favorito) nella corsa a Palazzo Chigi.
La domanda era piuttosto esplicita: «Se fosse necessario, farebbe un accordo con Monti dopo le elezioni per avere un governo stabile? E cosa gli offrirebbe in cambio? La presidenza della Repubblica?».
Altrettanto netta la risposta con cui il leader del Pd ha rilanciato l’ipotesi di un’intesa post-elettorale con l’ex premier, oggi capo della coalizione di centro. Escludendo però i tipici «inciuci» sottobanco.
Un «gemellaggio» che Massimo D’Alema benedice a modo suo: «Monti ha sprecato l’occasione, diventando uomo di parte. Spero sappia misurare i termini dello scontro politico, visto che dopo le elezioni dovremo tornare a dialogare». Fiducioso sull’esito della battaglia elettorale: «Berlusconi è forte, purtroppo, ma è dannoso per il Paese, perciò bisogna dare sostegno a chi lo può battere, che è Bersani».
Contrarissimo invece al feeling Bersani-Monti è Nichi Vendola e lo ha ribadito, caso mai non si fosse capito: «Un accordo con Monti? Ci sono profili di incompatibilità  dal punto di vista dei programmi, dell’impostazione politico-culturale». Praticamente su tutto. «Non voglio denigrare il Professore» aggiunge il leader di Sel. «Ma non penso che la sua coalizione debba poter incontrare il centrosinistra».
Dall’altra parte si fa sentire Pier Ferdinando Casini che invita il Pd a «fare chiarezza visto che per Vendola, Berlusconi e Monti sono sullo stesso piano, al contrario di Enrico Letta». E soprattutto specifica: «Se Monti non vince, noi le alleanze le possiamo fare solo sui programmi, altrimenti è un patto di potere».
Intanto però, mentre il Professore e il Cavaliere si attaccano un giorno sì e uno pure, Bersani si mette alla finestra: «Berlusconi è il responsabile della fine anticipata del governo Monti, che non ha gradito affatto. Noi abbiamo mantenuto la promessa di sostenerlo fino alla fine, anche se non è stato facile. Perciò adesso stiamo a guardare».
Nel caso di vittoria alle elezioni, il Pd non farà  rivoluzioni, rassicura ancora Bersani dalla vetrina internazionale del Washington Post. «Se nascerà  un governo di centrosinistra, non segnerà  una discontinuità  troppo netta con le riforme varate dal Professore», ha chiarito il segretario dei Democratici. «Piuttosto ne aggiungerei delle altre, apportando magari qualche ritocco alle sue, per renderle più efficaci, considerato che sono state condizionate da un Parlamento di cui il Cavaliere aveva ancora la maggioranza».
Con delle priorità . La prima: «Una legge contro la corruzione, che stabilisca regole chiare sulla vita e l’attività  dei partiti, come ci chiede, inascoltata, la Costituzione». Seconda: «Leggi sui diritti civili, come quello dei lavoratori a partecipare alla stesura dei contratti aziendali. O le unioni civili per coppie gay». Terza: «Cittadinanza per gli immigrati».
Senza dimenticare la riforma delle pensioni: «Non perché ce lo chiede la Cgil, è un’esigenza del nostro partito. Anche il ministro che l’ha voluta, Elsa Fornero, ha dovuto ammettere che ha delle lacune e minaccia di lasciare senza lavoro e senza pensione molti cittadini». Bersani tranquillizza i mercati: «Non hanno nulla da temere da un governo di sinistra, a patto di accettare la fine di monopoli e posizioni dominanti».
Tra i possibili, inediti alleati del Pd, spunta Oscar Giannino, candidato premier per la lista Fare. Che ha raccontato di contatti segreti (anche) con Bersani. «Nelle ultime settimane mi hanno chiamato da tutte le parti: vieni con noi. Quelli di Berlusconi e quelli di Monti. Ma pure un emissario di Bersani, un ex Idv». Risultato dell’incontro: «Ho spiegato che noi siamo contro la patrimoniale, a differenza del Pd. Ma lui mi ha fatto sapere che per me e per quattro amici miei, comunque, il seggio ci sarebbe stato».
Chi invece è candidato alla luce del sole, con il Centro democratico di Bruno Tabacci, è l’ex ministro della Giustizia ed ex presidente della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick. Correrà  per il Senato, in Piemonte e Lazio.
Giovanna Cavalli


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