Ingroia: i pm mi attaccano come fecero con Falcone

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MILANO — «Prima di me è successo ad altri, ben più autorevoli, come Giovanni Falcone». Antonio Ingroia sbarca per la prima volta a Milano nelle vesti di candidato premier di Rivoluzione Civile per un incontro con sostenitori e simpatizzanti e per un appuntamento serale di altro tipo, cioè la partita dell’Inter. E lo fa il giorno dopo l’inaugurazione dell’anno giudiziario, dove i riferimenti alla sua entrata in politica sono stati numerosi. Giudizi non proprio teneri, come quelli del pm Armando Spataro: «I magistrati non possono salvare il mondo, vedo troppa retorica da parte di alcuni». Ma Ingroia non ci sta, legge la rassegna stampa dal suo tablet e poi scuote la testa: «Perché lo dicono solo a me? A Pietro Grasso, candidato con il Pd, e che a differenza mia ha svolto un incarico nazionale fino a qualche settimana fa, nessuno dice nulla». Per poi aggiungere: «Ho un carattere franco e diretto, per questo ho detto sempre quello che pensavo anche affrontando giudizi severi e criticando a mia volta la magistratura associata e gli alti vertici». Da qui il ricordo del magistrato ucciso a Capaci: «Forse non è un caso che quando iniziò la sua attività  di collaborazione con la politica le critiche peggiori giunsero proprio dalla magistratura». Poi guarda avanti: «Una volta in Parlamento mi impegnerò anche per dare all’Italia il ruolo di primo piano che le spetta nella lotta internazionale al crimine organizzato. In Guatemala tornerò, certo, ma in vacanza».
Ma l’altra grana per l’ex pm di Palermo ha un nome e cognome: Marino Andolina, capolista al Senato di Rc in Friuli Venezia Giulia e indagato dal pm Raffaele Guariniello per aver somministrato medicinali pericolosi per la salute pubblica in un laboratorio non idoneo. Su Facebook Sinistra e Libertà  attacca: «Se avessero passato qualche minuto in più a vagliare le candidature, se avessero fatto decidere ai cittadini invece che alle segreterie di tre-quattro partiti, piuttosto che dare addosso ogni giorno a chi ha fatto scelte diverse dalla loro, sarebbe stato meglio». Il fatto è che nessuno in fase di compilazione delle liste aveva preso in considerazione la cosa. «Non ero al corrente di questa vicenda, che è molto delicata: non siamo in presenza della stessa categoria di indagini di quelle che coinvolge tantissimi candidati delle altre liste », risponde Ingroia. Il nome gli era stato indicato da Rifondazione Comunista, e il segretario Paolo Ferrero difende il medico: «Siamo di fronte ad un professionista stimato che ha fatto una battaglia di civiltà  sulle staminali, contro le multinazionali dei farmaci». Lo stesso Andolina ha scritto una mail ai vertici di Rc scusandosi: «Come altri candidati con la coscienza a posto anche se indagati, penso ai nostri compagni indagati per disordini di piazza, non pensavo che la sola iscrizione ad un registro indagati mi escludesse dalla candidatura. Ho sbagliato e mi dispiace per l’imbarazzo creato». Difficilmente il medico verrà  eletto, per cui probabilmente la discussione interna a Rc non avrà  seguito. Anche perché l’altro pm della lista, Antonio Di Pietro, ha invitato a non farne un caso.
Il caso Andolina segue a quello del tesoriere del Pdci e candidato anche lui con Rc — in posizione eleggibile — Roberto Soffritti, soprannominato il “duca rosso”. La pdl Lara Comi in tv lo ha accusato di essere coinvolto in vicende di mafia. In realtà  di procedimenti a carico di Soffritti non ne esistono: «Ho dato mandato ai miei legali — ha annunciato l’ex sindaco di Ferrara — per essere tutelato in sede penale e civile da chi ha usato la diffamazione come metodo di un attacco non solo personale, ma diretto ad Ingroia ». Poi c’è stato il dietrofront della vicecoordinatrice del partito in Lombardia: «Mi scuso per le imprecisioni, ho fatto confusione. Resta il fatto che il manifesto ha parlato di lui come di un uomo “potente e chiacchierato”».


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