Interventi da 50 miliardi per battere la recessione ecco la ricetta-Camusso

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ROMA — Un “Nuovo piano del lavoro” per spezzare «l’avvitamento recessivo». Per riportare in Italia un “decent work”, un lavoro «dignitoso, contrattualizzato, retribuito, qualificato». Ma anche per uscire «dall’ideologia del mercato che si regola da sé, del piccolo è bello, del privato sempre meglio». La piattaforma che oggi la Cgil e il suo segretario Susanna Camusso presenteranno al Palalottomatica di Roma, per indirizzarla al governo che verrà , ha l’ambizione di scuotere il Paese dalla «politica del rigore» con «una grande rivoluzione culturale ». E farlo ripartire dai suoi bisogni, scommettendo sul sostegno pubblico alla domanda.
TRE PUNTI DI PIL
Una chiave “keynesiana” che la Cgil però non traduce in aiuti a pioggia a banche, imprese o ricerca, ritenuti dannosi se non inutili. Ma che anzi punta a coinvolgere anche i capitali privati. Con l’obiettivo unico di trasformare le arretratezze del territorio in potenzialità . Un piano che, nelle simulazioni di impatto del Cer, vale almeno 50 miliardi nel triennio 2013-2015. In grado di assicurare tre punti in più di Pil e di occupazione, dieci di investimenti, oltre tre di reddito disponibile, sopra i due di consumi. Ma soprattutto capace di riportare le lancette della disoccupazione, oggi all’11%, al livello pre-crisi del 7%. Un programma “verde e blu” (ecologia e riciclo). Attento a giovani, donne e Sud. E che non intende aumentare la spesa pubblica, ma usare in modo diverso le risorse esistenti. Spostando il carico fiscale, ad esempio, dal lavoro alle rendite e ai patrimoni.
IL TERRITORIO
«È possibile uscire dalla crisi», si legge nel Piano. Ma per farlo e per contrastare l’austerità , «mettendo fine alla politica dei tagli», occorrono «strade nuove ». A cominciare da «una grande spinta verso politiche di sviluppo sostenuta da un nuovo intervento pubblico». La chiave è il territorio e le arretratezze: dissesto idrogeologico, rischio sismico, trasporto pubblico locale fatiscente, energia sprecata, ciclo dei rifiuti indecente, scolarizzazione insufficiente, assistenza agli anziani lacunosa, tutela della salute compromessa. È da qui che si può «riavviare la crescita del Paese», dice la Cgil.
MEZZO MILIONE DI POSTI
È in questi ambiti, welfare incluso («non un costo, ma un’opportunità  ») e compreso anche l’immenso patrimonio artistico, storico e architettonico da valorizzare, che «l’intervento pubblico è non solo necessario, ma essenziale ». Anche per risvegliare il mercato del lavoro italiano «disgregato », con il 37% dei giovani a spasso, 2 milioni di “neet” che non studiano, non si formano, non hanno un posto né lo cercano, in totale 15 milioni di lavoratori “inattivi”, 4 milioni di precari, 800 mila donne che lasciano dopo la maternità  perché i servizi non ci sono o non funzionano. La Cgil non fa stime, ma dai calcoli
del Cer si desume che il Piano a regime sarebbe in grado di creare almeno mezzo milione di posti in più.
DUE TEMPI
La soluzione per il lavoro della Cgil è dunque duplice. Un piano “straordinario”, da mettere in cantiere subito, per i giovani e il Sud, anche grazie a bonus fiscali. E un Piano del lavoro a rilascio graduale, con effetti nel mediolungo periodo, rivolto alla «messa in sicurezza del Paese, alla prevenzione e alla valorizzazione». In una parola «a ridare senso all’intervento pubblico come motore dell’economia» e come indispensabile volano di capitali privati. «Partiamo dal Paese che siamo », sintetizza la Cgil. Perché «non è sufficiente guardare alle esportazioni».
LE RISORSE
Ma dove pescare i 50 miliardi, necessari a creare almeno mezzo milione di posti in tre anni? Per il sindacato guidato dalla Camusso occorre intanto una riforma organica del fisco (40 miliardi). Poi la riduzione di costi della politica e degli sprechi (20 miliardi). Infine il riordino di agevolazioni e trasferimenti alle imprese (10 miliardi). In aggiunta, si suggerisce di utilizzare parte delle risorse delle fondazioni bancarie, un impiego più efficace dei Fondi europei, lo scorporo
degli investimenti dal Patto di stabilità , l’uso dei Fondi pensione (garantendone i rendimenti), una ridefinizione dei compiti e degli ambiti di investimento della Cassa depositi e prestiti.
PATRIMONIALE
Sul piano fiscale, per la Cgil è essenziale «una maggiore progressività  » nella tassazione, uno spostamento del peso «dai redditi fissi alle ricchezze produttive e parassitarie», una «maggiore imposizione delle transazioni speculative, sulle grandi ricchezze e le rendite». In particolare, si propone di sostituire l’Imu con l’Igr, l’Imposta strutturale sulle grandi ricchezze. Salire sopra il 20% per le rendite (esclusi titoli di Stato) e impedire così il rialzo dell’Iva da luglio. Introdurre tasse ambientali («chi inquina, paga»). Abbassare due aliquote Irpef (dal 23 al 20% e dal 38 al 36%). Aumentare detrazioni per lavoro dipendente e pensioni, così come la soglia di esenzione dalle tasse per gli incapienti, a cui spetterebbe un bonus fiscale.


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