L’agenda del Colle: questione sociale e qualità  nelle liste

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ROMA — Un monito forte, quello lanciato l’altra sera da Giorgio Napolitano nel messaggio di fine anno 2012, l’ultimo del suo settennato. Pensando alla crisi che attanaglia il Paese, il capo dello Stato non ha usato mezze parole: «Dobbiamo parlare non più di disagio sociale, ma di una vera e propria questione sociale. Situazioni gravi di persone e di famiglie, che bisogna sentire nel profondo della nostra coscienza e di cui ci si deve fare e mostrare umanamente partecipi. La politica, soprattutto, non può affermare il suo ruolo se le manca questo sentimento, questa capacità  di condivisione umana e morale».
Sotto gli occhi attenti del presidente della Repubblica, la crisi delle imprese («Come ho constatato da vicino in Sardegna…») e dei cittadini («Ricevo lettere da persone che mi dicono dell’impossibilità  di vivere con una pensione minima dell’Inps, o del calvario della vana ricerca di un lavoro se ci si ritrova disoccupato a 40 anni…»). Ma i sacrifici di questi mesi sono stati necessari, ha aggiunto Napolitano, difendendo «le scelte di governo». «Guai se non si fosse compiuto lo sforzo di ridurre il nostro debito pubblico…». Per aiutare le famiglie, comunque, il tiro andrà  corretto: «Si deve agire, subito, distribuendo meglio i pesi dello sforzo di risanamento indispensabile, definendo in modo meno indiscriminato e automatico sia gli inasprimenti fiscali sia i tagli alla spesa pubblica…». E anche se pure il 2013, purtroppo, si annuncia carico di difficoltà , il capo dello Stato nutre buone speranze: «C’è stato un ritorno di fiducia nell’Italia. Hanno avuto successo le nuove emissioni di Buoni del Tesoro e si è ridotto il famoso spread…». L’europeismo, però, non è in discussione: «Uscire dalla recessione è possibile solo insieme all’Europa», anche se il nostro ruolo va rafforzato: «L’Italia non può essere un passivo esecutore».
L’Italia di oggi e «l’Italia che vorremmo», sottolinea il Presidente, che torna così sulla questione a lui cara della cittadinanza italiana da riconoscere agli immigrati nati da noi: «Già  un anno fa avevamo 420 mila minori extracomunitari nati in Italia, è concepibile che restino stranieri?». E nel Paese «che vorremmo» non c’è più posto per «la realtà  angosciosa delle carceri» né per «lo stillicidio di barbare uccisioni di donne». Alla rabbia dei giovani, che «hanno ragioni da vendere nei confronti dei partiti e dei governi», Napolitano parla chiaro: «Che dire dell’indignazione che suscitano la corruzione, una perfino spudorata evasione fiscale o il persistere di privilegi e di abusi?».
Severo il giudizio, pensando alle elezioni ormai vicine: «Non si è, con mio grave rammarico, saputo o voluto riformare la legge elettorale. Per i partiti la prova d’appello è ora quella della qualità  delle liste. Sono certo che gli elettori ne terranno il massimo conto». Mentre, nella campagna elettorale, il Presidente si attende «che ci sia senso del limite, evitando contrapposizioni distruttive e reciproche invettive». E il ruolo del premier dimissionario nella futura scena politica? «Il senatore Monti ha compiuto una libera scelta di iniziativa programmatica e di impegno politico. Egli non poteva candidarsi al Parlamento, facendone già  parte come senatore a vita. Poteva, e l’ha fatto, e non è il primo caso nella nostra storia recente, patrocinare, dopo aver presieduto un governo tecnico, una nuova entità  politico-elettorale, che prenderà  parte alla competizione al pari degli altri schieramenti. D’altronde — sottolinea — non c’è nel nostro ordinamento costituzionale l’elezione diretta del capo del governo». In chiusura un saluto agli italiani a pochi mesi dalla fine del settennato: «Ho assolto il mio compito, credo di poterlo dire, con scrupolo, dedizione e rigore».
Un discorso durato venti minuti e seguito (sulle reti nazionali ma anche in streaming) da oltre 12 milioni di spettatori, più del 2011. Accolto con favore dalle forze politiche da Pdl, Pd e centristi e criticato solo dalla Lega («Napolitano deludente: tace sui disastri di Monti», ha scritto su Twitter il segretario Roberto Maroni) e dall’Idv («Discorso vuoto e senz’anima», secondo Antonio Di Pietro). Ieri, nei saluti del primo Angelus del 2013, papa Benedetto XVI da piazza San Pietro ha rivolto espressamente a Giorgio Napolitano e all’Italia «gli auguri di buon anno». E in occasione della Giornata Mondiale della Pace, il capo dello Stato (giunto a Napoli con la moglie Clio per un breve soggiorno a Villa Rosebery) ha inviato al Papa un messaggio: «Non posso non raccogliere il suo appello, Santità , al dovere, per tutti coloro che sono investiti di pubblici poteri, di farsi guidare dal bene comune e dall’interesse collettivo». Repetita iuvant.


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