Le falle del Redditest, arma a doppio taglio della «coerenza» fiscale

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«Il nuovo redditometro è diventato ciò che temevamo: uno studio di settore per famiglie — avverte Enrico Zanetti, commercialista e direttore del centro studi Eutekne.info —. Il risultato è che sarà  spostata su oltre 40 milioni di contribuenti l’efficacia accertativa ma anche i pericolosi difetti e gli inevitabili limiti di strumenti con cui finora si sono dovuti confrontare cinque milioni di partita Iva. Il paradosso è che il nuovo redditometro diventa ancor più statistico degli stessi studi di settore: non a caso si baserà  sui dati di spesa media ricavati dall’indagine sui consumi delle famiglie contenuta nel Programma statistico nazionale. Il redditometro, così configurato, risulta quindi applicabile anche a prescindere dai risultati dell’anagrafe tributaria. In poche parole si corre il rischio concreto che il reddito calcolato, quasi integralmente su base statistica, c’entri poco o nulla con quello reale. Peccato che tocchi al contribuente l’obbligo di provare il contrario».
Ma se il redditometro è diventato troppo statistico, il redditest è il software creato dall’Agenzia delle Entrate per consentire concretamente ai contribuenti di verificare se il proprio tenore di vita è coerente con la propria dichiarazione dei redditi. Sembrerebbero due mezze mele che combaciano. Ma non è esattamente così. «Esistono parametri e sistemi di calcolo molto diversi tra i due strumenti — osserva Zanetti — e poi cambia anche la filosofia che ne sta alla base: il redditometro ha scopi accertativi, il redditest dovrebbe servire a stimolare una corretta dichiarazione fiscale. Oppure potrebbe andare nella direzione esattamente opposta».
Un arma a doppio taglio che può far male più di una convenzionale. Un esempio concreto rende meglio l’idea: il nostro campione è un contribuente singolo con un’età  compresa tra i 35 e i 64 anni, con residenza a Milano, casa di proprietà  A1 di 120 metri quadri (quindi appartamento in zona centrale), un Suv con potenza di 250 kw (quelli di fascia extra lusso). Tutti elementi ben segnalati anche nel redditometro.
Il reddito complessivo lordo del nostro protagonista ammonta a 100.000 euro nel corso dell’anno e lui ne spende complessivamente 32.200 euro (1.200 per la casa, 3.000 per la macchina, 6.000 per contributi obbligatori, 8.000 per i viaggi, 7.000 per assegni da corrispondere all’ex coniuge, 7.000 per gioielli). Ma poniamo il caso che il nostro «prescelto» non sia proprio un esempio di specchiata onestà  e dichiarasse, anziché 100.000 euro lordi, 80.000 euro, il redditest gli darebbe ancora il semaforo verde e sarebbe ancora coerente. Solo se la dichiarazione scendesse a 60.000 euro scatterebbe l’incoerenza. «L’effetto di ciò — spiega il direttore di Eutekne — è che il contribuente potrebbe calibrare l’evasione in modo tale da essere comunque coerente con il redditest, e tale dato, risulterebbe quasi certamente coerente anche con il redditometro e quindi potrebbe essere utilizzato contro l’Amministrazione nel contraddittorio successivo all’emanazione dell’accertamento».
Insomma il nostro benestante milanese (poco importa che sia possessore di reddito di lavoro autonomo o di reddito di lavoro dipendente d’impresa) testando ulteriormente il redditest, vede che la sua dichiarazione sarebbe coerente anche con 85.000 euro, con 80.000 euro e così via, fino ad arrivare ad una determinata «soglia», al di sotto della quale scatta l’incoerenza. Inutile nasconderlo, questo meccanismo induce alla tentazione del nero. Il contribuente senza eccessivi scrupoli potrebbe essere indotto a dichiarare un reddito vicino alla «soglia di tolleranza», sapendo che, in un certo senso, sarebbe «coperto» da futuri accertamenti sintetici.
Infatti se «l’infedele dichiarante»venisse accertato e, carte alla mano, esibisse all’Agenzia delle Entrate il risultato positivo del redditest, difficilmente il funzionario potrebbe continuare a condurre un contenzioso andando contro ciò che emerge da un software predisposto dallo stesso organo accertatore. «Per la verità  l’Agenzia delle Entrate potrebbe accertare il contribuente sotto il versante del reddito d’impresa o di lavoro autonomo, quindi cercando di scoprire se è stato effettuato del “nero” — obietta Zanetti — ma, come è ben noto, ciò non sempre è agevole, se non a volte impossibile». È chiaro che qui nessuno svela segreti né tantomeno si offrono suggerimenti. Sicuramente all’Agenzia delle Entrate hanno già  messo a punto azioni di contrasto a queste eventualità . Però, così come sono, redditometro e redditest somigliano tanto ad armi a doppio taglio capaci di ferire chiunque (Fisco compreso). E questo non è proprio rassicurante.


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