Monti: il Pd nel caso Monte Paschi c’entra

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ROMA — «Il Pd c’entra in questa vicenda perché ha sempre avuto molta influenza sulla banca e sulla vita politica». Il Monte dei Paschi di Siena coinvolge nello scontro elettorale anche il presidente del Consiglio Mario Monti che, dai microfoni di Radio Anch’io, non esita a sparare ad alzo zero sulle responsabilità  dei democrat nella gestione della banca rossa. «Io — ha aggiunto il premier e leader di Scelta Civica — non sono qui per attaccare Bersani ma il fenomeno storico della commistione fra banca e politica va sradicato perché è una brutta bestia». Il segretario del Pd risponde solo con poche parole commentando che ora Monti «trova al Pd un difetto al giorno mentre per un anno non ne ho mai sentiti». Il quartier generale del partito si chiude a riccio e nega ogni responsabilità . Il capogruppo al Senato Anna Finocchiaro precisa che il «Pd non c’entra nulla con il Monte dei Paschi» e chiede al premier «maggior rispetto per il partito democratico».
Se aumenta il livello dello scontro politico tra Monti e Bersani — ieri la banca toscana, l’altro giorno il sospetto per il governo del Professore di aver «lasciato la polvere sotto il tappeto» dei conti pubblici — lo stress economico-finanziario sul Monte dei Paschi sembra in fase di assestamento. La Borsa, dopo aver stroncato il titolo di oltre il 20%, ieri lo ha premiato con un balzo dell’11% e scambi per quasi 1,5 miliardi di euro, pari al 12% del capitale. Rientrato anche lo strappo tra il Tesoro e Bankitalia. Il ministro Vittorio Grilli aveva osservato con un certo distacco che sulle banche i «controlli spettano a via Nazionale».
Da Davos, al World Economic Forum, il governatore Ignazio Visco, ha puntualizzato che «l’azione di vigilanza non è la polizia delle banche» e in ogni caso «non c’è alcun problema di stabilità  per la banca senese». Insomma il suo ruolo di controllore è salvo, certificato pure dal ministro Grilli che, sempre da Davos ha ribadito la sua «assoluta fiducia e stima a Banca d’Italia di ieri e di oggi» annunciando che martedì riferirà  in Parlamento tutto quello che sa sulla storia del Monte.
Il presidente di Rocca Salimbeni, Alessandro Profumo, alla fine dell’assemblea straordinaria dei soci durata oltre sette ore, ha affermato che la governance della banca «valuterà  in modo approfondito eventuali azioni di responsabilità  nei confronti degli ex amministratori». Anche perché la Procura che da tempo sta indagando sull’origine di questo pasticcio — l’acquisto per 9 miliardi della banca Antonveneta da parte di Siena — sta ipotizzando anche il reato di falso in bilancio. E ha ricordato, insieme al direttore generale Fabrizio Viola, che i «cassetti sono stati completamente vuotati». Un modo per far capire che non dovrebbero esserci più documenti che spuntano fuori a sorpresa magari in una fase elettorale ancora più delicata.
Il responsabile economico Stefano Fassina nega qualsiasi ruolo del Pd in questa vicenda e, in un lungo ragionamento, spiega che le colpe vanno ricercate nel management e se qualche rapporto sbagliato c’è stato è perché «la banca ha avuto influenza sul partito e sull’amministrazione locale e non viceversa». Una tesi stroncata dal presidente delle Acri Giuseppe Guzzetti. Per l’anziano banchiere lo «statuto della fondazione Mps è illegittimo perché non rispetta la legge Ciampi» che impedisce alla mano pubblica di avere la maggioranza. E accusa l’ex ministro dell’Economia Vincenzo Visco di aver approvato a suo tempo lo statuto della fondazione Mps «proprio in quel modo perché non fosse autonoma nelle sue decisioni». La «brutta bestia» da sradicare, anche se il premier alla fine ammette che il nostro sistema creditizio è solido ed è quello che ha retto meglio nella crisi dei subprime, è per Mario Monti un problema da lui vissuto in prima persona. E ricorda di aver rifiutato la guida della Banca Commerciale Italiana perché «le cariche erano lottizzate». E anche le sue indagini a Bruxelles quando era commissario Ue e le sue proposte in Italia «contro la commistione banche-politica». Una ricostruzione che non è piaciuta molto all’ex ministro del Tesoro Giulio Tremonti — ora candidato con la Lega — che ha invitato il Professore «a venire in Parlamento per spiegarci perché un emendamento sui Monti Bond bocciato dalla maggioranza è passato con la fiducia che lui ha chiesto». Silvio Berlusconi anche ieri ha confermato la sua intenzione di rimanere fuori dalla mischia sul Monte dei Paschi — non secondaria come spiegazione la proprietà  a suo nome del conto corrente 1.29 per oltre 100 milioni di euro — mentre i suoi alleati non hanno risparmiato critiche al vetriolo. Francesco Storace, segretario nazionale de La Destra, su Twitter si è chiesto «perché non scattano le manette», mentre il segretario della Lega Roberto Maroni propone al governo di «commissariare la banca perché in questa storia c’è puzza di tangenti». Anche il leader Udc Pier Ferdinando Casini a un videoforum su lastampa.it ha sostenuto che su Mps «ci sono potenziali illegalità  che dovranno essere al centro dell’esame accurato della magistratura». E ha citato il sindaco di Firenze Matteo Renzi: «Se lui dice che c’è responsabilità  politica faccio fatica a non dirlo io».
Roberto Bagnoli


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