Offensiva Usa contro le banche svizzere

by Sergio Segio | 6 Gennaio 2013 8:18

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NEW YORK – Il nome non è così noto come quello del colosso Ubs, ma il pedigree è notevole. La banca svizzera Wegelin, fondata 272 anni fa e come tale la più antica banca privata del suo paese, passerà  alla storia per un altro exploit, molto meno glorioso: è la prima a fallire in conseguenza dell’inchiesta americana sulle frodi fiscali. La scomparsa della Wegelin è solo un capitolo nella guerra implacabile che l’Amministrazione Obama conduce contro tutti gli istituti di credito che aiutano gli evasori. Altre banche svizzere, soprattutto quelle di piccole dimensioni, rischiano di fare la stessa fine. La Wegelin, fondata nel 1741, ha annunciato che chiuderà  definitivamente le sue attività  dopo avere accettato di dichiararsi colpevole davanti al Dipartimento di Giustizia, per l’aiuto fornito a ricchi contribuenti americani ai quali offrì conti bancari segreti. Più di dieci banche svizzere sono tuttora sotto indagine penale: l’ultima a rendere noto il procedimento giudiziario è stata Credit Suisse a luglio. Nella lista figurano anche Julius Baer e diverse banche cantonali. Non sono solo gli istituti elvetici a subire il pugno duro di Washington: lo stesso trattamento viene riservato all’inglese Hsbc e a tre banche israeliane (Hapoalim, Mizrahi-Tefahot e Bank Leumi). Ma la prima vittima eccellente di questa indagine fu Ubs, fin dal 2009.
Il colosso svizzero ammise di avere fornito consulenze e servizi per l’evasione fiscale a clienti americani, patteggiò e pagò 780 milioni di dollari di multa. Inoltre Ubs divenne di fatto una “fonte” per gli inquirenti americani, quando accettò di fornire l’elenco di 4.000 cittadini americani titolari di conti in Svizzera. La vicenda Ubs fu l’inizio di una revisione di comportamenti anche da parte del governo elvetico che autorizzò le sue banche a fornire certe informazioni alla giustizia americana, aprendo un’eccezione rilevante alla regola del segreto bancario. Ubs fu salvata dalle sue dimensioni. Essendo considerata dalle autorità  di vigilanza americane come una banca “too big to fail” (troppo grande per essere lasciata fallire), onde evitare uno shock sistemico il Dipartimento di Giustizia non perseguì l’incriminazione penale, che poteva portare a sanzioni molto più pesanti col rischio di un crac. Per Wegelin, così come per le banche cantonali ancora sotto inchiesta, il problema non si pone: possono fallire senza che questo crei una minaccia per la stabilità  del sistema creditizio americano o mondiale. Di qui la diversa strategia che include l’incriminazione per reati penali. Otto Bruderer, azionista e direttore della banca privata, si è dichiarato colpevole davanti alla corte federale di Manhattan ed ha ammesso che fra il 2002 e il 2010 la banca gestì diversi conti segreti sapendo che i titolari evadevano le tasse Usa. La Wegelin pensava di essere al riparo da sanzioni in quanto non ha alcuna filiale negli Stati Uniti. Invece dovrà  pagare multe fra i 15 e i 30 milioni, oltre a restituire 36 milioni equivalenti alle tasse evase dai suoi clienti. Wegelin tra l’altro accolse diversi americani in fuga dall’Ubs dopo che quest’ultima era finita sotto inchiesta.

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