Oltre il tetto del 37%, l’Italia sfida il Portogallo

by Sergio Segio | 17 Gennaio 2013 9:22

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Nell’area euro la disoccupazione ha toccato il record del 11,8% con una crescita initerrotta da giugno 2011. A novembre 2012 erano 48,2 milioni i senza lavoro, 13,5 milioni in più dall’inizio della crisi nel luglio del 2008..
Sono gli stessi dati rivelati la scorsa settimana dall’Istat che oggi trovano una conferma rispetto alla media dei paesi Ocse, ferma ad un non meno rassicurante 24,4%, in crescita di 0,2 punti percentuali rispetto all’ultima rilevazione di ottebre 2012. Bisogna precisare che i dati riguardano i ragazzi dall’età  compresa tra i 15 e i 24 anni. La percentuale del 37,1% deve essere riferita esclusivamente ai «giovani attivi» sul mercato del lavoro, quindi alla percentuale di coloro che non frequentano la scuola tra i 15 e i 19 anni. Evidentemente più forte è l’incidenza della disoccupazione tra i 19 e i 24 anni, un’età  che permette ai diplomati di entrare sul mercato del lavoro e sperimentare la sua estrema precarietà . Lo ha precisato lo stesso istituto nazionale di statistica l’8 gennaio scorso, dopo l’esplosione delle reazioni delle forze politiche che hanno confuso il numero totale dei giovani censiti con quelli attivi dal punto di vista lavorativo. Ciò non toglie che la percentuale del 37,1% sia altissima se paragonata al tasso di disoccupazione di tutti i lavoratori attivi in Italia. A novembre le statistiche avevano raggiunto l’11,1%, dodici mesi prima erano ferme al 9,3%. Andamento diverso negli altri paesi Ocse. A novembre, la disoccupazione è calata dello 0,1 negli Stati Uniti (7,8%) e in Giappone (4,1%). In Canada si registra una flessione di 0,2 punti percentuali a 7,2%. Se diviso per genere, il tasso di disoccupazione per gli uomini è stato di 0,9 punti sotto il picco dell’8,9% raggiunto nel 2009, mentre per le donne la quota delle senza lavoro è ferma all’8% da luglio 2009. In Italia la disoccupazione femminile si è leggermente ridimensionata, passando dal 12,1% al 12%. mentre aumenta dal 10,4% al 10,6%.
«Questo aumento non può trovare giustificazione con il solo alibi “c’è la crisi” – afferma Guglielmo Loy della Uil – Qualunque governo succederà  a questo deve mettere in atto politiche mirate ad una crescita strutturale del paese e alla creazione di posti di lavoro».

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