Pd, nuovi attacchi al Professore Fassina: la sua lista come il Rotary

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ROMA — Ormai è durissimo lo scontro fra Mario Monti e il Partito democratico, e viceversa. E chissà  se è un caso che ieri il presidente del Consiglio uscente abbia preso di mira proprio l’ala che ha raccolto grandi successi nelle primarie dei candidati pd al Parlamento, la sinistra. Coinvolgendo anche il principale, e «più a sinistra», alleato Sel: Monti infatti, da Radio Anch’io, imputa a Stefano Fassina e a Nichi Vendola di voler «conservare un mondo del lavoro cristallizzato, iperprotetto» e li addita come gli oppositori al cambiamento; e le repliche che arrivano da lì a poco non sono meno aspre.
Primo a rispondere è Fassina: «Per i livelli di reddito di coloro che ne entrano a far parte, la lista Monti somiglia sempre più alla lista Rotary»; e ancora: «Monti porta avanti una linea che somiglia a quella del Ppe e che vede nella svalutazione del lavoro la maniera per tornare a crescere». Il responsabile economico del Pd accusa Monti anche di «scarsa sensibilità  istituzionale» per aver scelto Enrico Bondi come «censore» delle liste elettorali che il premier uscente dovrà  capeggiare: «Bondi è commissario alla Sanità  del Lazio e non ha mai trovato il tempo di recarsi al San Raffaele, i cui dipendenti non percepiscono lo stipendio da quattro mesi. Chi ha delicatissimi incarichi istituzionali dovrebbe concentrarsi su quelli».
Poi è di fatto l’intero Pd a intervenire, con la voce di Anna Finocchiaro: «L’Italia non ha bisogno di favole, di false promesse… Facciamo molta attenzione, tutti, anche il professor Monti, a non farci prendere la mano da demagogia e antipolitica… Evitiamo toni e argomenti che possono solleticare sentimenti di pancia». La capogruppo al Senato respinge anche l’idea di Monti che destra e sinistra siano «superati», affermando che è piuttosto l’operazione elettorale montiana a sapere di vecchio: «Non mi sembra che le prime mosse della coalizione di centro siano ispirate da particolari novità  o innovazioni».
Dopo il Pd, è la volta del leader di Sel: «C’è un antico riflesso autoritario nelle parole di Monti, che pensa che difendere i lavoratori sia un atteggiamento conservatore. Difendere i ceti possidenti invece sarebbe segno di innovazione — dice Vendola —. Ecco che Monti si mostra subito come un politico di razza: razza padrona, per la precisione… Monti sta occupando tutti gli spazi radio-tv. Ha imparato benissimo l’uso e l’abuso dei media: Monti il tecnico! Tecnicamente un berlusconiano da manuale».
In parallelo con i duelli dialettici, il Pd comunque è impegnato a definire le liste per i suoi prossimi candidati a Camera e Senato: circa 950 nomi, dei quali però solo la metà  destinata a ottenere uno scranno. Sta a Pier Luigi Bersani e ai suoi principali collaboratori stabilire le pole position. Ovviamente dovrà  scegliere tra i vincitori delle ultime primarie (viene escluso il recupero di qualche sconfitto), ma si è riservato il diritto di inserire anche circa 120 «suoi» nomi esterni: il pacchetto completo verrà  presentato alla direzione nazionale di martedì prossimo. Nella squadra dei prescelti ieri è entrato l’economista Carlo Dell’Aringa. Ma il segretario sta facendo i conti anche con la quota da destinare agli uomini di Matteo Renzi. Qui sembra certa la candidatura dei suoi più stretti collaboratori, Roberto Reggi e Simona Bonafé, oltre a quella di qualche assessore fiorentino di fiducia. Ma altri renziani premono alla porta, a partire dall’ecologista Ermete Realacci: che si fa forte di un appello a favore della Green Economy sottoscritto da duecento imprenditori e studiosi del settore e rivolto a Bersani perché non vanifichi il lavoro dei parlamentari più esperti di questo tema. Realacci potrebbe farcela, mentre al momento Roberto Della Seta e Francesco Ferrante sembrano avere poche possibilità . Mentre, su spinta delle associazioni gay, potrebbe alla fine entrare a far parte della lista bersaniana anche Paola Concia.


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