Ripresa, la terapia shock di Confindustria meno Irap più Iva, contratti di nuovo flessibili

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UNA terapia d’urto per far crescere il Pil di quasi il 12% in 5 anni e aumentare l’occupazione di 1,7 milioni di posti. È la proposta della Confindustria di Giorgio Squinzi alle forze politiche che si candidano al governo del paese.
IERI è arrivato il via libera del Comitato di presidenza, oggi la Giunta di Viale dell’Astronomia approverà  definitivamente il piano per rilanciare la competitività , gli investimenti (pubblici e privati) e recuperare il nostro gap di produttività . «Nei programmi dei partiti – ha detto ieri Squinzi – c’è poca attenzione all’economia reale».
Meno lacci e lacciuoli per l’attività  di impresa – chiedono gli industriali , meno costi energetici (-30%), ma soprattutto meno tasse e oneri sul lavoro
compensati da un aumento del-l’Iva e delle imposte sulle rendite finanziarie; più flessibilità  in entrata nel mercato del lavoro, rivedendo la legge Fornero, e più ore di lavoro pagate il doppio. Ed è quest’ultima, probabilmente, la proposta più innovativa. L’idea è di far lavorare un numero di ore in più pari a una settimana all’anno. Ore che sarebbero retribuite il doppio perché prive di Irpef e contributi e sulle quali l’imprenditore non pagherebbe nemmeno l’Irap. Una proposta che in questa fase recessiva può interessare solo le aziende esportatrici.
Il piano confindustriale verrebbe finanziato, tra l’altro, con tagli alla spesa pubblica corrente (l’1% l’anno), l’incremento dell’imposizione indiretta, la riduzione degli incentivi (oltre 31 miliardi di euro di cui meno di tre vanno al settore industriale privato), la lotta al lavoro sommerso e all’evasione fiscale.
LE TASSE
La riduzione del costo del lavoro (il cuneo fiscale) è il perno delle proposte di Confindustria. L’obiettivo è di un taglio dell’8% in tre anni per il settore manifatturiero. Gli industriali chiedono una diminuzione progressiva del costo del lavoro dalla base imponibile dell’Irap insieme a una riduzione dell’11% degli oneri sociali che pesano sulle imprese manifatturiere. In parte verrebbero fiscalizzati, in parte ci sarebbe un riequilibrio delle aliquote per gli ammortizzatori sociali con gli altri settori (gli artigiani e i commercianti versano meno), in parte Confindustria suggerisce un adeguamento dell’assicurazione contro gli infortuni «all’avvenuta diminuzione dei sinistri».
Nonostante alcuni dissapori interni, è prevalsa la linea favorevole ad un aumento delle aliquote Iva. Che, secondo l’impostazione di Confindustria, dovrebbero passare (quelle più basse) dal 4 al 6% e dal 10 al 12% portando contemporaneamente al 6% l’aliquota sui generi alimentari attualmente soggetti al 10 %. Sul versante della tassazione delle società , Confindustria propone di ridurre l’aliquota Ires dal 27,5% al 23% e di portare dal 20 al 23% l’aliquota dell’imposta sostitutiva sulle rendite finanziarie. Si chiede poi di ridisegnare il prelievo Irpef sui redditi più bassi.
IL LAVORO
Confindustria (non è una novità ) chiede di «modificare» la legge Fornero per recuperare «una maggiore flessibilità  in entrata». Nessun cenno all’articolo 18 mentre si propone di incentivare il part time per i lavoratori con almeno 40 anni di contributi per favorire l’assunzione di giovani.
DEBITI P.A. E IMU
Confindustria, oltre a tolleranza zero su corruzione e contraffazione, chiede alla pubblica amministrazione di liquidare subito i 2/3 dei debiti nei confronti delle imprese e propone di escludere dall’Imu i fabbricati invenduti per un periodo non superiore ai tre anni dalla costruzione.


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L’articolo 18 e la costituzione

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Caro direttore,un mio diritto ed il potere del giudice a riconoscerlo possono dipendere dalla mera volontà  del mio avversario in causa? Sicuramente no per fondamentali principi costituzionali.

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