Stato di guerra, la situazione militare delle forze in campo

by Sergio Segio | 12 Gennaio 2013 8:05

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Il governo siriano, dopo alcune sconfitte, ha riorganizzato il sistema decisionale e operativo delle forze armate A prescindere da come definiamo le parti in conflitto – come un regime contro dei ribelli o come uno Stato contro dei terroristi – si tratta comunque di uno stato di guerra. E la politica, durante le guerre, è decisa dai combattenti sul terreno, o come un ufficiale siriano ama dire: «Dagli stivali dei soldati». Nel suo recente discorso il presidente siriano Bashar Al Assad, ha parlato con una sicurezza che molti hanno ritenuto eccessiva. Ma secondo quanti osservano da vicino quello che sta succedendo sul campo di battaglia siriano, il presidente fonda la sua sicurezza, sulle capacità  del suo esercito e sugli obiettivi che ha raggiunto nelle ultime otto settimane.
Lo scorso novembre, la capitale siriana Damasco e i suoi dintorni, sono stati soggetti a vari attacchi. Inizialmente il Fronte An-Nusra, la più forte fazione dell’opposizione armata, ha cercato di assaltare Damasco partendo da due assi principali: dalla zona di Duma in direzione di Al-Abbasiyyin e da Darayya verso i boschi di Kfar Susa. Il Fronte ha tentato di raggiungere il cuore della capitale da queste due assi ma le forze di sicurezza siriane avevano ricevuto informazioni riguardo questo piano. Conseguentemente l’esercito siriano ha condotto due operazioni nelle zone interessate che hanno costretto il Fronte Al-Nusra a rimandare il suo attacco. Ciononostante An-Nusra ha consolidato le sue posizioni a Darayya e Ma’damiyyat Ash-Sham, attaccando numerose postazioni dell’esercito alla periferia della capitale, prima di lanciare un assalto all’aeroporto internazionale di Damasco: l’obiettivo era di occupare l’aeroporto e tagliare la strada che lo collega alla città .
La stessa fonte ha aggiunto: «Inaspettatamente e con grande facilità , i combattenti del Fronte An-Nusra sono riusciti a prendere il controllo di numerose postazioni militari strategiche nella campagna di Damasco, incluse anche alcune postazioni di contraerea. Messo a confronto con l’opposizione armata, il potente esercito siriano sembrava piuttosto una forze incapace di respingere gli attacchi di combattenti che mettevano in pratica i piani ideati da ufficiali stranieri con esperienza di guerra e delle sue arti».
Dalla prima volta, a partire da luglio 2012, quando il quartier generale della Sicurezza Nazionale fu bombardato e l’opposizione condusse un attacco su larga scala verso Damasco, continua la fonte, «percepì il pericolo incombente sulla sua capitale fortificata. Perciò il Comando Militare, a difesa del Ministero e del Palazzo della Repubblica, riesaminò quanto accaduto attorno a Damasco. Secondo fonti vicine alla dirigenza siriana, emerse che numerose lacune (difensive) avevano condotto a gravi e ingiustificabili perdite (come la perdite di alcune postazioni a vantaggio di An-Nusra, nonostante l’esercito fosse al corrente delle intenzioni dell’opposizione)».
La leadership siriana ha quindi introdotto alcuni aggiustamenti al loro meccanismo decisionale e operativo, a partire dal rimpasto di numerosi funzionari ed ufficiali, con lo scopo di migliorare le capacità  effettive di combattimento sul terreno delle forze armate. I risultati di questi cambiamenti si sono manifestati in poco tempo: l’esercito ha respinto l’attacco contro l’aeroporto e la sua strada; il fine era quello di assicurarsi che quell’area non fosse più una zona di guerra ma che al massimo venisse utilizzata per operazioni di sicurezza. A quel punto l’esercito ha dato inizio alla seconda fase, quella per il rafforzamento del suo controllo sull’area.
Non ci è voluto tanto prima che le forze armate siriane riprendessero l’iniziativa, passando dalla difesa all’attacco. I cambiamenti nei meccanismi decisionali militari e gli aggiustamenti di alcuni sistemi di controllo e comando dell’esercito, hanno reso possibile la trasformazione di uno scenario militare complessivamente molto «negativo» alla fine di novembre, in uno «positivo» prima dell’ultimo discorso del presidente. Le forze dell’esercito regolare hanno iniziato ad attaccare le aree controllate dai combattenti dell’opposizione a sud e ad est della capitale ed hanno fatto anche alcuni avanzamenti sui fronti a nord, specialmente ad Aleppo e nella città  di Idlib, che rimane nelle mani dell’esercito. È stata anche presa la decisione di ritirarsi da quelle aeree di scarso interesse militare il cui controllo da parte del governo, comporterebbe ampi costi. Al contrario è stato rafforzato il controllo di quelle zone ritenute essenziali per la loro natura simbolica o perché la loro posizione strategica potrebbe permettere in futuro, di muovere all’attacco di altre postazioni dell’opposizione.
Questa visione «ottimistica» della situazione sul campo di battaglia da parte del governo siriano, sulla quale Assad sembra essersi basato per il discorso all’Opera House di Damasco, coincide in parte con la versione degli eventi data dalle forze di opposizione. Tra le fila degli oppositori del regime, coloro che ne avevano previsto la caduta in qualche settimana o mese, ad oggi appaiono meno ottimisti di prima. Una vittoria decisiva per loro, e ad oggi, ristretta solo alle zone settentrionali della Siria.
Lontano dalle telecamere, uno dei più radicali esponenti dell’opposizione dichiara: «L’intero nord sarà  sotto il nostro controllo entro qualche settimana o in un mese al massimo. Dopodiché i combattimenti nelle aree centrali o meridionali potrebbero durare per anni a meno che non si verifichi qualcosa di inaspettato ed imprevedibile».
* Al-Akhbar
(Traduzione di Saverio Leopardi)

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