Undici personaggi in cerca di verità 

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Il più nascosto. Generale di Corpo d’Armata, comandante dei reparti speciali dei carabinieri al tempo della cattura di Totò Riina, Antonino Subranni era considerato uno dei migliori investigatori siciliani (suo il primo rapporto sui Corleonesi del 1977).
FINO a quando è stato trascinato dentro l’indagine sul patto Stato-mafia e indagato dopo una confessione choc di Agnese Borsellino: «Paolo mi ha detto che Subranni era punciutu». Una macchia nell’altra vita: è sospettato di avere depistato le indagini sull’uccisione di Peppino Impastato. L’aveva incastrato come un «terrorista»
morto sul lavoro.
IL PIà™ INFURIATO
Ex ministro dell’Agricoltura ed ex ministro della Marina Mercantile, Calogero Mannino, «Lillo» per gli amici, nei primi anni ‘80 — insieme a Leoluca Orlando e a Sergio Mattarella — ha rappresentato il volto nuovo della Dc siciliana che voleva liberarsi dalla mafia. Nei primi anni ‘90 è stato inghiottito nelle investigazioni sulle complicità  Un lungo processo e poi l’assoluzione finale. È ripiombato nelle inchieste quando i pm siciliani hanno scoperto che lui, per paura, avrebbe dato mandato ai carabinieri di trattare con i boss per salvarsi la pelle.
IL PIà™ FEROCE
Leoluca Bagarella, un assassino. È diventato uno «importante» dentro Cosa Nostra solo per suo cognato: Totò Riina.
IL PIà™ PROTETTO
L’uomo che ha inventato dal nulla quello che per vent’anni è stato il protagonista della vita politica italiana, Silvio Berlusconi. Ancora oggi Marcello Dell’Utri gode dell’amicizia del Cavaliere. Un legame antico. Dall’Università  a Milano 2. Passando per i prestanome di Vito Ciancimino, dai Teresi e dei Bontate che «salivano » a Milano per incontrare un allora sconosciuto impresario edile, da Totò Riina e dai Graviano fino ai processi per concorso esterno e ai guai che ha portato a Berlusconi. Senatore della Repubblica, la sua rielezione nel nuovo Parlamento per lui è come l’acqua per i pesci. Gli garantirebbe l’impunità .
IL PIà™ MISTERIOSO
Mario Mori, ex comandante del Ros dei carabinieri ed ex capo dei servizi segreti interni negli anni di Berlusconi premier. Amatissimo dai suoi uomini, una straordinaria capacità  investigativa acquisita nella lotta al terrorismo con il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, uno sbirro all’antica con la passione della tecnologia. Ha trasformato il Ros — quando n’è diventato capo dopo Subranni — in un reparto d’eccellenza. Ma senza seguire le deleghe della procura di Palermo. A cominciare dalla perquisizione del covo di Totò Riina. Dopo vent’anni — grazie ai suoi silenzi — non sappiamo cosa veramente è accaduto là  dentro. Se un giorno il generale Mori dovesse parlare, cadrebbe mezza Italia. Probabilmente non lo farà  mai. Non dirà  mai chi gli ha dato — nonostante le conclusioni della commissione parlamentare antimafia — il mandato politico per trattare con Vito Ciancimino. Fedele nei secoli.
IL PIà™ SFUGGENTE
E forse anche il più ricco. Quello che in Sicilia chiamano Massimuccio, Massimo Ciancimino, ultimo figlio di don Vito, l’uomo che ha fatto brutta Palermo quando negli anni ‘60 era assessore ai Lavori pubblici. Ha detto e non detto, mezza verità  e mezze falsità , ha menato per il naso anche i procuratori con i suoi sproloqui fino a quando ha pronunciato avventatamente il nome dell’ex capo della polizia Gianni de Gennaro — accostandolo al misterioso «signor Franco» con il quale avrebbe trattato in un lontanissimo passato suo padre — e l’hanno zittito per sempre. Massimuccio si barcamena sperando sempre che qualcuno non trovi il malloppo di famiglia. Ha un solo merito: con le sue dichiarazioni strampalate ha messo paura a certi uomini politici facendo tornare loro la memoria.
IL PIà™ FREGATO
Capo di un’associazione segreta che ha portato alla rovina, Totò Riina si è fatto mettere nel sacco da chi aveva interesse a uccidere Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Alla fine ha pagato solo lui. È sepolto vivo da vent’anni. Non parla per un malinteso senso dell’onore. Si sente corleonese al cento per cento. È la sua condanna.
IL PIà™ ODIATO
Brusca Giovanni, assassino a Capaci, assassino del piccolo Giuseppe Di Matteo, assassino per una vita. Ogni volta che qualcuno vorrebbe far applicare la legge e riconoscere anche a lui i benefici previsti per i collaboratori, in Italia si scatena il putiferio. Tutti lo vogliono dentro. Ha confessato un po’ di cose ma non tutto. Sulla trattativa avrebbe tante cose da dire. Ma poco politicamente corrette.
IL PIà™ NASCOSTO
Colonnello ma conosciuto da tutti sempre come «capitano». Giuseppe De Donno, braccio destro e braccio sinistro di Mario Mori, per il suo comandante si getterebbe nel vuoto. Ufficialmente non è più nei ranghi dei reparti speciali dei carabinieri e dei servizi. Ufficialmente.
IL PIà™ SFIGATO
È stato il medico curante di Totò Riina e di Bernardo Provenzano. Una iattura. Così Antonino Cinà  si è ritrovato — secondo il piccolo e strampalato Ciancimino — a veicolare il famigerato papello (le richieste di Cosa Nostra per fermare le stragi) dal capo dei capi di Corleone al resto del mondo.
IL PIà™ INTERCETTATO
Ex ministro degli Interni fra il 1992 e il 1993, Nicola Mancino è la personalità  â€” è stato presidente del Senato e vicepresidente del Csm — che per sei mesi ha cercato conforto nelle stanze del Quirinale per sfuggire ai pm palermitani che volevano incastrarlo. Gli è andata male.


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