Usa, frena la crescita ma Wall Street tiene

by Sergio Segio | 31 Gennaio 2013 8:08

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NEW YORK – La Casa Bianca e la Federal Reserve fanno da “pompieri”, l’allarme si ridimensiona grazie a loro, Wall Street vive una giornata tranquilla. Ma la giornata era cominciata all’insegna di uno shock. Meno 0,1% nel terzo trimestre, il Pil Usa. È un dato che raggela, tutti si aspettavano una crescita trimestrale del +1% nel periodo ottobre-dicembre 2012. Questo dato è la prima versione, provvisoria e soggetta a revisione. A volte la seconda versione può dare variazioni significative. Ma comunque è un segnale d’allarme sui rischi che permangono. In particolare conferma che la politica di bilancio non è sufficientemente espansiva. Con una velocità  del tutto inusuale, pochi muniti dopo il dato sul Pil, il blog della Casa Bianca pubblica una lunga analisi spiegazione, firmata dal capo degli economisti di Obama, Alan Krueger.
Le cause principali del rallentamento secondo la Casa Bianca sono l’uragano Sandy e i tagli alla spesa militare, nonché l’incertezza legata al “precipizio fiscale” (poi scongiurato a Capodanno). Pesa anche il calo dell’export. Tuttavia si sottolineano altri fattori di tenuta dell’economia reale, cominciando dai consumi. L’analisi della Casa Bianca sottolinea che si tratta del «primo dato negativo per il Pil trimestrale dopo tre anni e mezzo di crescita». Per metterlo nella giusta prospettiva, ricorda che negli ultimi 14 trimestri l’economia americana è cresciuta del 7,5%. Ma è ancora più importante il fatto che la domanda privata sia cresciuta del 10,9% nello stesso periodo. Dunque c’è l’economia reale, non il deficit pubblico, dietro questa ripresa. Prendendo solo l’anno 2012 appena concluso, la crescita si attesta comunque all’1,5% ed è quindi il terzo anno consecutivo di crescita. I consumi delle famiglie sono aumentati del 2,2% nell’ultimo trimestre del 2012. Gli investimenti in case sono saliti del 15% in un solo trimestre ed è il settimo trimestre positivo. Gli investimenti delle imprese in macchinari e software sono saliti del 12,4%.
La parte negativa è la domanda pubblica. Le spese federali per la difesa sono precipitate del 22%, una caduta che non si era mai verificata negli ultimi 40 anni. Nell’insieme, le spese federali di ogni genere hanno avuto un effetto frenante così forte da “sottrarre” alla crescita l’1,33% del Pil. Krueger sottolinea che se si distoglie lo sguardo dal Pil, «altri indicatori sullo stato dell’economia reale suggeriscono che la crescita è continuata anche durante l’ultimo trimestre». Per esempio le ore lavorate sono aumentate del 2,2% e la produzione industriale dell’1%. L’economista della Casa Bianca ne trae una conclusione: guai se il Congresso dovesse “auto-infliggere ferite all’economia” con tagli feroci alle spese sociali. In quanto alle Borse, la loro compostezza deriva anche da una certezza: con una crescita ancora fragile, la Federal Reserve continuerà  a lungo la sua politica monetaria espansiva. Intanto un beneficio immediato per l’economia Usa è l’ulteriore rafforzamento dell’euro che a quota 1,35 sul dollaro ha raggiunto il suo massimo da 14 mesi.
Iniziata all’insegna di uno shock, la giornata si chiude con una notizia quantomeno negativa. Deludono i risultati trimestrali di Facebook, con i profitti netti a 64 milioni di dollari contro i 302 milioni dello stesso periodo dello scorso anno. Nelle contrattazioni after hours il titolo perde oltre il 4%, poco sotto i 30 dollari per azione, prima di un lento recupero.

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