“Welfare, tagliato il 75% dei fondi”

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ROMA — La crisi ha portato via tre quarti degli investimenti stanziati per il welfare: dal 2008 al 2012 i fondi nazionali per le politiche sociali sono stati tagliati, nel complesso, del 75 per cento. Un colpo di mannaia denunciato da un rapporto dello Spi-Cgil che mette in fila le risorse decurtate e lancia l’allarme sull’«abbandono delle fasce deboli». E il tema, fa notare il sindacato, è ancora assente dalla campagna elettorale.
Il quadro è presto fatto: tutte e tre le principali fonti di spesa sono state massacrate dalla politica di bilancio. La dotazione del Fondo per le politiche sociali – la principale voce del finanziamento statale per gli interventi di assistenza alle persone e alle famiglie – nei cinque anni presi in considerazione è passata da 923,3 a 69,5 milioni. Il Fondo per l’autosufficienza – che fino al 2010 aveva mantenuto un plafond di risorse di 400 milioni – è stato azzerato dal governo Berlusconi. Il Fondo per le politiche della famiglia è passato invece da 185,3 a 31,99 milioni e quello per le politiche giovanili può ora contare solo su 8,18 milioni dai 94,1 messi in conto nel 2008.
Passando dal livello nazionale a quello locale, la situazione specifica la Cgil – non migliora. Nel 2012, vista la necessità  di far fronte ai tagli dei trasferimenti, i Comuni – in media – hanno diminuito la spesa in servizi sociali del 3,6 per cento. Nel Sud, che più avrebbe bisogno di servizi, le cose sono andate ancora peggio: le risorse stanziate per operazioni di welfare allargato (servizi sociali, istruzione, sport e tempo libero) sono state decurtate del 6,8 per cento. Il tutto a fronte di un taglio delle spese per l’amministrazione generale (dalle auto ai costi della politica) fermi al 2,9 per cento.
Scelte che il sindacato disapprova in pieno, anche perché spiega – «la riduzione delle risorse destinate ai servizi di assistenza non ha portato ad una diminuzione delle entrate tributarie, che nel 2012 sono aumentate del 9,3 per cento». Dunque sono state versate più tasse a fronte di minori servizi: «In termini di bilancio sintetizza il rapporto – negli ultimi cinque anni la spesa corrente prevista è diminuita del 10,9 per cento, mentre le entrate tributarie sono aumentate del 6,7».
Per Susanna Camusso, leader della Cgil, dietro queste cifre c’è il fallimento della impostazione di governo. «E’ il segno della politica che abbiamo cercato di contrastare: quella che ha pensato che tagliando lo stato sociale e l’intervento pubblico si potesse far ripartire il Paese» ha commentato. L’unico fatto certo, ha detto, è che «le persone stanno peggio di prima». Quindi «è finita la stagione del “lasciamo fare al mercato” perché non ha dato buona prova di sé: siamo l’unico Paese in cui l’intervento pubblico suscita allergia». Carla Cantone, segretario nazionale della Spi-Cgil, ha concluso: «Siamo davvero all’anno zero del welfare ed è bene che la politica si affretti ad intervenire: nessun candidato ha detto ancora niente in merito ».


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