Allarme tubercolosi a Los Angeles epidemia nel quartiere dei senzatetto

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NEW YORK — Tutto è pronto per la serata degli Oscar, e quest’anno l’attesa è così eccitata che il New York Times ha messo in campo il suo genio della statistica, Nate Silver, per applicare agli Academy Award le stesse metodologie scientifiche che gli fecero prevedere la vittoria di Barack Obama all’elezione presidenziale. Tutto è pronto per il grande happening di domenica sera, salvo le dosi di vaccini e di antibiotici. Per la tubercolosi. Proprio così. L’opulenta metropoli di Los Angeles ha dovuto alzare bandiera bianca.
Dalla West Coast californiana è partita una richiesta ufficiale di soccorso alle autorità  federali, di fronte all’epidemia di tubercolosi che avanza tra la sua popolazione. L’epicentro è Skid Row, la zona dove si rifugia la maggior parte di homeless: 4.500 di loro sono considerati potenzialmente già  contagiati, secondo le stime delle autorità  locali. A poche miglia da Hollywood, ma lontanissimo dalle telecamere, va in scena una tragedia reale, una storia da Terzo mondo, che meriterebbe l’attenzione di qualche documentarista. Skid Row nella topografia ufficiale è Central City East. L’area si trova nel pieno centro di Los Angeles, tra San Pedro Street, Central Avenue, la Terza e Settima Strada. Ospita forse la più vasta popolazione di senzatetto di tutte le metropoli Usa: fino a 50mila persone “transitano” nella zona, 5mila ci vivono in modo più o meno permanente.
Il sindaco Antonio Villaraigosa, considerato un astro nascente del partito democratico, ha lanciato un drammatico Sos alle autorità  di Washington. Sono partite squadre di esperti dalla sede di Atlanta del Center for Disease Control and Prevention. Prima di tutto per cercare di capire la dimensione dell’epidemia, i meccanismi del contagio, e poi per tentare di fermarla. Il sindaco ammette che gli homeless sono particolarmente vulnerabili per via del loro “stile di vita”: la tubercolosi si trasmette per via aerea, cioè attraverso colpi di tosse e starnuti, quindi contagia più facilmente chi vive in condizioni di promiscuità , sporcizia, in ambienti malsani e affollati. E ovviamente con scarso accesso alle istituzioni mediche, preventive o curative. Il 20% dei malati di tubercolosi sarebbero anche sieropositivi, secondo una prima e approssimativa stima.
L’allarme lanciato dalle autorità  di Los Angeles in cerca di aiuti federali, ha fatto emergere una realtà  poco nota. La tubercolosi, infezione da micobatteri che colpisce soprattutto i polmoni, è scomparsa quasi completamente in molti paesi avanzati come Canada e Gran Bretagna. Ma negli Stati Uniti è arrivata a uccidere anche più di 500 persone in un anno. Nel 2012 sono stati identificati 625 casi. «Molti credono che sia una malattia del passato, purtroppo non è così», ha dichiarato il medico Jonathan Fielding, direttore del dipartimento sanitario di Los Angeles. Fielding ha ammesso che la popolazione degli homeless «è ad alto rischio e ha bisogno di essere protetta». Ma il vaccino esiste, e nella nazione più ricca del pianeta il suo costo non dovrebbe essere un ostacolo. Anche per chi è già  colpito dall’infezione, una cura a base di antibiotici dai tre ai nove mesi è quasi sempre coronata dalla guarigione. Solo da qualche giorno tuttavia le autorità  sanitarie di Los Angeles hanno cominciato a effettuare visite a tappeto nella popolazione degli homeless.
Personale medico e infermieri hanno la direttiva di segnalare qualsiasi soggetto che tossisce o starnutisce. I senzatetto presentano dei problemi particolari perché a volte diffidano del personale sanitario, o non seguono le prescrizioni. Una parte della popolazione di
homeless
è anche affetta da malattie mentali. Ma l’epidemia di
tubercolosi riporta in primo piano la dimensione della povertà  negli Stati Uniti. Non a caso, quando il movimento Occupy Wall Street allargò le sue proteste anche sulla West Coast, a Los Angeles scelse di “accamparsi” proprio nel cuore del pianeta- poveri, a Skid Row. In questo quartiere il 41,8% della popolazione vive sotto la soglia della povertà . Oltre la metà  sono di origine ispanica.


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