Bimbo palestinese nel mirino. L’imbarazzo d’Israele

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GERUSALEMME — A quattordici anni si è presentato a scuola con una pistola ad aria compressa («pericolosa» secondo il verbale della polizia) e ha minacciato due compagne di scuola. Da maggiorenne ha lasciato la Florida per tornare in Israele, dov’è nato, e imbracciare le armi dei «grandi». Come scrive in una foto pubblicata su Instagram, a petto nudo, il fucile mitragliatore puntato: «Entra nelle forze armate e ti sentirai un boss».
Osher Maman è il secondo soldato in pochi giorni a imbarazzare i portavoce di Tsahal e a costringerli a intervenire per limitare i danni d’immagine causati dagli scatti rilanciati via Internet. Come quello postato sempre su Instagram da Mor Ostrovski, 20 anni: un bambino palestinese è inquadrato di spalle nel mirino di un’arma. Per l’attivista Ali Abunima, cofondatore del sito Electronic Intifada, la foto «è di cattivo gusto e inumana: sottintende che i piccoli palestinesi siano bersagli».
Il militare ha spiegato di non essere l’autore, di aver trovato l’immagine in rete e di averla solo diffusa: non è bastato a evitargli un rimprovero e le due pagine di pubblicità  non voluta dedicate dal quotidiano locale Maariv alla vicenda. Che scrive: «Le nuove tecnologie sono a portata di ogni soldato con un telefonino, chiunque indossi l’uniforme diventa un portavoce delle forze armate con il potere di influenzare il credito internazionale di Israele». Eppure — continua il giornale — «quando si parla di questo conflitto il mondo e la rete virtuale perdono la misura. Un palestinese nel mirino di un israeliano vale più di mille arabi o abitanti del Darfur uccisi il mese scorso da altri musulmani».
Breaking the silence, l’associazione di veterani e riservisti israeliani impegnata a raccontare quello che succede nei territori palestinesi, ricorda una foto di dieci anni fa, ancora una volta un ragazzino visto attraverso il canocchiale montato sull’arma. «Gli strumenti sono cambiati, il modo in cui le immagini vengono condivise è cambiato. Restano uguali l’arroganza che nasce dalla troppa forza e la mancanza di rispetto per la dignità  umana».
Il caso di Osher Maman è considerato più grave dall’esercito, che sta investigando. Sulla pagina Facebook il ventenne arruolato in una unità  d’élite posa nudo con il fucile mitragliatore o mentre fuma uno spinello in divisa. Sulla mappa della Striscia di Gaza è sovrimpressa la scritta in ebraico: «Presto diventerà  un gigantesco parco dei divertimenti».
Altri messaggi esprimono odio e disprezzo per i palestinesi: «Continuerete ad andare in galera, le vostre case verranno perquisite e avrete una vita schifosa fino a quando morirete».


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