Boom delle morti sul lavoro
ROMA. Quella tra lavoro nero e lavoro sotto contratto è una terra di nessuno. Nell’edilizia, ad esempio, non permette di comprendere quante sono le morti o gli infortuni sul lavoro. Lo dimostra la polemica che ha contrapposto ieri il direttore generale dell?inail, Giuseppe Lucibello, a Walter Schiavella, segretario generale della Fillea-Cgil. Lucibello si è presentato ai microfoni di Radio 1 Rai per anticipare una buona notizia: il 2012 avrebbe confermato il trend discendente degli infortuni e delle morti bianche. A fine anno risultavano 654 mila denunce per infortuni, una riduzione del 9% rispetto alle 726 mila denunce del 2011. Sempre nel 2012 sarebbero stati 870 gli incidenti mortali in tutti i settori del lavoro, con una flessione di almeno il 3% rispetto ai 893 decessi nel 2012. Sono numeri che nascondono tragedie, omissioni, colpe gravissime, e spesso taciute, e per questo risulta difficile scorrerli come un ordinario rosario statistico. Ma provare a guardarci dentro, può essere utile per comprendere come si lavora oggi nell’edilizia, un campo paradigmatico per comprendere l’economia del «sommerso» che in Italia è pari al 25% del Pil. È in questo regno degli invisibili che lavorano sempre più spesso anche i migranti e le donne.
Scorrendo i dati forniti da Lucibello, e contestati dalla Cgil, emerge la realtà della crisi. L’Inail sostiene che la diminuzione dei cantieri ha pesato per il 50% sul calo degli incidenti mortali e degli infortuni, soprattutto nell’agricoltura e nei settori dove sono più frequenti i controlli e la prevenzione da parte dell’ispettorato del lavoro. «Al prossimo governo – ha detto Lucibello – l’Inail chiede di mantenere la massima attenzione sul tema della sicurezza sul lavoro».
Una volta appreso che l’Inail ha anticipato i dati sull’andamento degli infortuni, che dovrebbero essere presentati ufficialmente ad aprile, Schiavella della Fillea-Cgil, ha provato a scalfire la montagna delle verità apparentemente incontrovertibili. A iniziare dal dogma della «statistica ufficiale». La contabilità generale sugli infortuni e le morti bianche è fortemente influenzata dal settore edile, il più numeroso rispetto a quello metalmeccanico, agricolo o tessile. Non conoscere con precisione i numeri di questo settore significa influenzare la contabilità generale e nascondere gli aspetti più inquietanti.
«L’Inail continuerà a dare numeri virtuali e non reali – sostiene Schiavella – finché non ci sarà un sistema statistico che incroci i suoi numeri con quelli delle Casse edili». In altre parole, non si capirà mai la reale situazione della sicurezza sul lavoro finché non si incroceranno i dati sul numero degli addetti regolari e quelli sulle ore lavorate. La Cgil ha provato a farlo e il risultato è diverso dalle previsioni rassicuranti dell’Inail. E questo perché una parte sempre crescente del lavoro edile, o agricolo, si è spostato verso il nero, la terra di nessuno dove la statistica arriva difficilmente, restando al buio. «Gli infortuni sono cresciuti di quasi il 6% – continua Schiavella – i morti non sono diminuiti ma aumentati di quasi il 28%». Ma non è tutto perché, sotto ricatto, i lavoratori sono spinti a non denunciare gli infortuni meno gravi. Se ne restano a casa, zitti, in cambio di un risarcimento in nero. Anche l’idea che la chiusura dei cantieri sia stata provocata dalla crisi viene contestata dalla Cgil. Incrociando il dato degli infortuni e dei morti totali in rapporto al numero degli addetti, viene dimostrato che le morti bianche e gli infortuni nell’ultimo anno sono aumentati addirittura del 13,25% (infortuni) e del 47,19% (i decessi). «In questi anni – aggiunge Schiavella – l’unica regola che ha governato l’edilizia è stata quella del laissez-faire e i dati del disastro occupazionale e di quello dell’irregolarità e delle infiltrazioni criminali ne sono la testimonianza».
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