Cie, Ponte Galeria in rivolta

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ROMA. Victor è riuscito a non farsi espellere dall’Italia. Almeno per questa volta. Perché ieri mattina, questo ragazzo nigeriano di 29 anni ha ricevuto il decreto di espulsione nel centro d’identificazione ed espulsione (Cie) di Ponte Galeria a Roma dov’è rinchiuso. Se lo aspettava, ma quando ha ricevuto il decreto ha iniziato a protestare. Lo hanno seguito 8 connazionali, cinque dei quali hanno ricevuto lo stesso maledetto foglio che ha un solo significato: tornare dove hanno deciso che la vita non può continuare. Insieme si sono asserragliati nella sezione maschile e hanno bruciato materassi e altri oggetti. Si sono arrampicati sul tetto nell’indifferenza degli altri detenuti. Insieme hanno urlato la loro disperazione nel nulla tra Fiumicino e la Magliana dove sorge una prigione a cielo aperto che può contenere 354 persone, di cui 176 uomini e 178 donne. A Ponte Galeria la rappresentanza nigeriana è la più folta, circa il 40% della popolazione maschile, 43 detenuti sugli attuali 132.
Proprio ieri era stata annunciata la visita di una delegazione di giornalisti di diverse testate nazionali e, con ogni probabilità , la rivolta dei nigeriani è scattata non appena hanno ricevuto la notizia. Gli agenti di polizia sono intervenuti insieme ai vigili del fuoco che hanno domato l’incendio. Durante l’intervento una poliziotta è rimasta ferita ad una mano. Victor, insieme agli altri 8, ora è in stato di fermo giudiziario. «La crisi che sta vivendo il Paese e la campagna elettorale – ha affermato Angiolo Marroni, garante dei detenuti nel Lazio – ha fatto sparire il problema dell’immigrazione. In molte altre strutture in tutta Italia centinaia di persone vivono quotidianamente una situazione da tortura psicologica».
Quella di ieri a Ponte Galeria è stata l’ultima rivolta di una lunga serie di proteste, scioperi della fame e atti autolesionistici. Li ha ricordati l’Ong «Medici per i diritti umani» (Medu) nel dettagliato rapporto «Le sbarre più alte» pubblicato nel 2012. Ponte Galeria è gestito da marzo 2010 dalla cooperativa Auxilium che ha vinto una gara pubblica d’appalto. «Una struttura inefficace per i suoi scopi dichiarati – sostiene Medu – nel 2011 su 2.049 transitati nel centro il 39% è stato effettivamente rimpatriato, mentre sono stati 265 gli stranieri che sono riusciti a fuggire». Nel 2010 il prefetto della Capitale Giuseppe Pecoraro ne ha chiesto la chiusura ritenendo Ponte Galeria una struttura vecchia, insicura e non «sufficientemente rispettosa della dignità  umana».
Secondo la convenzione vigente, all’ente gestore spettano 41 euro al giorno per ospite. Il budget annuale corrisposto alla cooperativa Auxiulium è all’incirca 3 milioni e 600 mila euro. Una cifra cospicua se si considera il budget annuale destinato ai Cie sparsi nel paese: 18 milioni 607 mila euro. Lo staff sanitario che lavora a Ponte Galeria è costituito da 6 medici (e due medici volontari), 5 infermieri. La presenza medica è garantita 24 ore su 24. La metà  dei trattenuti assume abitualmente psicofarmaci ansiolitici.
Nel 2012 sono stati 1049 i migranti fuggiti dai Cie, il 33% in più rispetto al 2011. L’aumento delle fughe, e delle rivolte anche violente, è dovuto all’allungamento della detenzione fino ad un anno e mezzo. Ciò ha provocato il drastico peggioramento delle condizioni di detenzione, rivelando il fallimento del sistema dell’espulsione amministrativa. Il tempo della reclusione è passato dai due mesi del 2008 ai 18 mesi del 2012, ma non è servito ad aumentare i rimpatri. Secondo le cifre fornite dalla Polizia di Stato, il numero dei trattenuti nei Cie è diminuito. Nel 2008 erano internati 10.539 migranti, di cui 4320 rimapatriati. Nel 2012 i detenuti erano 8 mila, di cui 4015 sono stati rimpatriati. Il 18 giugno 2011 la decisione di portare la detenzione da 6 a 18 mesi generò la rivolta di almeno 70 migranti. Anche allora Ponte Galeria è andato in fiamme.


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