Crescita, sviluppo, salari, piena occupazione. La Cgil ha un piano

Loading

Dimenticandosi che le imprese assumono nella misura in cui si attendono una crescita della produzione e del Pil. L’attenzione precipitava sempre sul debito pubblico, come se la bolla speculativa derivasse da quello. In realtà  è stata l’insolvenza (presunta) del debito privato a far saltare il tappo della crisi finanziaria, mentre la conseguente crescita del debito pubblico, che rimane pur sempre un multiplo di quello privato, è legato alla necessità  di assorbire il debito privato (inesigibile). Ma anche quando i prezzolati economisti alla Monti discutono oggi di debito pubblico mentono sapendo di mentire.
Quanti sanno che quello tedesco sarebbe di quasi il 25% più alto se non utilizzasse un trucco contabile permesso dalla contabilità  pubblica di Esa 1995? Berlino ha sistematicamente aggirato l’articolo principale del regolamento europeo che vieta alle banche centrali di concedere liquidità  agevolata ai propri Stati, passando direttamente alla clausola – perfettamente legale – che invece concede questa facoltà  decisiva agli«enti creditizi di proprietà  pubblica».
Un esempio può aiutarci. La Kfw («Kreditanstalt fuer Wiederaufbau», la nostra Cassa depositi e prestiti), con la scusa del project financing, sta finanziando molti enti, iniziative e attività  pubbliche e private al posto dello Stato, tenendo su l’economia tedesca. Va aggiunto che le passività  della nostra Cdp (obbligazioni postali) contribuiscono al cumulo del debito pubblico per quasi il 20% del nostro Pil, mentre le passività  germaniche della Kfw, pari quasi 500 miliardi di euro, rappresentano il 17% del Pil tedesco. Ma (e qui sta il trucco) non sono state contabilizzate nel bilancio statale, e quindi non vanno ad aumentare il «virtuoso» debito tedesco.
Nel 2012 la Germania, come la Cina, ha fatto registrare il più grande avanzo commerciale dal 1950 ad oggi, mentre in tutti i paesi diversi dall’area euro-marco si è registrata la più grande contrazione della produzione industriale. La Francia ha perso il 30% della produzione industriale, l’Italia il 36%, la Spagna il 33%, mentre la povera Grecia ha perso oltre il 50%. Se oggi qualcuno in Europa vuole comprare beni industriali, la possibilità  di acquistare beni tedeschi è superiore al 50%. Ma come poteva crescere il Pil dei cosiddetti Piigs? Sostanzialmente c’è stato un trasferimento di lavoro dai paesi Piigs, via pressione sul debito pubblico gestito dalla speculazione delle banche tedesche, verso la Germania. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti, e solo una contabilità  un po’ astrusa li ha nascosti. Pensiamo alla disoccupazione. Se adottassimo i criteri di certificazione della disoccupazione della Spagna, in Italia il tasso sarebbe prossimo al 20%, e in continua crescita in ragione della riduzione del Pil intervenuta in questi ultimi 6 anni. E come potrebbe essere diversamente? Può una decrescita di quasi 10 punti di Pil portare la disoccupazione italiana poco sopra l’11%? Certo che no. Quindi, per uscire dalla crisi e dalla politica di austerità  servirebbe non solo un intervento pubblico, che sarebbe comunque insufficiente data la riorganizzazione industriale europea, ma anche una vera e propria politica di struttura. Ecco allora che il «Piano del Lavoro» lanciato dalla Cgil rappresenta una grande occasione per il Paese e per i lavoratori.
*Segretario confederale Cgil, coordinatore Area programmatica «Lavoro Società »


Related Articles

Brasile. Un Jobs act modello Marchionne

Loading

Fora Temer. La riforma del lavoro del governo golpista

Trichet: i governi rispettino i patti

Loading

L’Italia? Con la crescita può farcela «Contro la crisi più unità  in Europa. La Grecia si adegui alle decisioni»

Peggiorate le stime 2013. A rischio il tetto del 3% di deficit

Loading

Per Confindustria e S&p il pil crolla dell’1,9% Squinzi: giù i costi del lavoro   

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment