E i pacifisti attaccano Obama “Basta con quei robot-killer”

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NEW YORK. «Parlo per le madri dei bambini morti ammazzati dai vostri droni in Pakistan e in Yemen, assassini! ». In diretta tv, mentre il Senato avvia l’esame del nuovo capo della Cia, John Brennan, la pacifista di Code Pink semina il caos. Sono venute in tante, vestite di rosa, disseminate tra i senatori ma ben riconoscibili. Cinque proteste, cinque interruzioni, finché la presidente della commissione di vigilanza sui servizi segreti, la democratica californiana Dianne Feinstein, fa sgombrare l’aula. La controversia sulle vittime della “guerra asettica” di Obama esplode in modo virulento. Dopo i media, con ha dedicato una copertina alla “Ascesa dei droni”, dopo i militanti umanitari, è il Congresso a dover fare luce sulla legalità  di questo strumento militare hi-tech.
Uno strumento che semina morte dai cieli, usato sempre più spesso anche all’interno degli Stati Uniti, per esempio nella vigilanza sul confine col Messico dove entrano i clandestini.
Hanno compiuto 350 attacchi (dal 2004), hanno fatto 2.400 morti tra cui dalle 150 alle 300 vittime civile uccise “per sbaglio”. Sono i droni, la “guerra preferita” di Barack Obama. Non ha iniziato lui a usarli ma è durante il suo primo mandato che quegli attacchi hanno avuto una escalation. Paradossalmente il ricorso crescente agli aerei-robot-killer nasce anche da un vincolo legalitario e umanitario. Avendo messo al bando la tortura, avendo deciso che non vuole aumentare la popolazione carceraria di Guantanamo, Obama si è messo in una situazione in cui è diventato più semplice uccidere i nemici che catturarli vivi. Adesso però ha dovuto spiegarsi, aprire uno squarcio sui criteri che regolano la “licenza di uccidere” del presidente degli Stati Uniti. Soprattutto se il bersaglio dei suoi droni è un cittadino americano, che in base alla Costituzione avrebbe diritto a un processo prima di essere colpito con la pena di morte.
Obama ha dato il via libera a questa operazione trasparenza, autorizzando il suo Dipartimento di Giustizia a consegnare alle commissioni parlamentari di vigilanza il memorandum legale che legittima e regola le esecuzioni di terroristi all’estero. Quel documento scottante risale al 2010. Fu utilizzato poi per decidere l’attacco dai cieli dello Yemen che uccise nel settembre 2011 Anwar al Awlaki, religioso musulmano che era diventato uno dei capi di Al Qaeda nella penisola arabica. Al-Awlaki, nato nel New Mexico, era un cittadino americano, così come Samir Khan ucciso nello stesso blitz dal velivolo senza pilota. Questi colpi “chirurgici” erano già  controversi per le vittime collaterali, civili innocenti. Nel caso di cittadini Usa le associazioni per i diritti civili come l’American Civil Liberties Union (Aclu) hanno sollevato un problema costituzionale. E’ in ballo il Quarto Emendamento, che impone il mandato di un tribunale per ogni violazione delle libertà  personali. Il ministro della Giustizia Eric Holder ha anticipato che l’uccisione di cittadini Usa «è legale se costituiscono una minaccia imminente di un attacco violento contro gli Stati Uniti». Ma nel memorandum si dà  un’interpretazione estesa della «minaccia imminente». Il documento teorizza questo: «Il pericolo di Al Qaeda e delle forze associate impone un concetto più vasto dell’imminenza, per giudicare un individuo che costantemente pianifica attentati terroristici».
Il memorandum è stato consegnato ai parlamentari, non a caso, proprio mentre cominciavano le audizioni per la conferma di Brennan. La dottrina Obama sui droni, in buona parte è dottrina Brennan. Già  capo della cellula Cia in Arabia saudita dal 1996 al 1999, chiamato ai vertici dell’intelligence da George W. Bush, Brennan è stato con Obama il capo dell’anti-terrorismo. Personalità  influente e complessa: ha alternato il dialogo con i “garantisti”, e l’elaborazione di una dottrina che mette nelle mani del presidente un potere inquietante, di vita e di morte perfino su concittadini. Christopher Anders, uno dei dirigenti dell’Aclu, ha definito «un passo nella direzione giusta » l’operazione-trasparenza avviata da Obama. Le guerre con i droni in realtà  sono due. La prima è nelle mani della Cia, si svolge soprattutto contro Al Qaeda e ha come teatri principali l’Afghanistan e il Pakistan. La seconda offensiva dei droni dallo Yemen alla Somalia al Nordafrica è sotto il controllo del Pentagono: questa è soggetta alle regole dei militari nella selezione dei bersagli, ivi comprese le convenzioni internazionali di guerra.


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