Fondi neri in Spagna, Rajoy non si dimetterà 

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MADRID — «Non so quali fossero le intenzioni, né chi manipola i dati o li fa filtrare ad arte. Non lo so e non mi avventuro in supposizioni. Pretendo però, come presidente del Partido popular e del governo spagnolo, di fare chiarezza a proposito di ciò che si dice di me. Mi bastano due parole: è falso. Mai, ripeto mai, ho ricevuto o distribuito denaro in nero. Né in questo partito né altrove».
Il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy si difende. Da tre giorni la pubblicazione su El Paà­s di presunti conti segreti del suo partito l’ha messo nell’angolo. Un appello online per chiedere le sue dimissioni ha raggiunto le 500 mila firme in 24 ore. Tutte le sere si radunano sotto le finestre del Pp centinaia di manifestanti al coro «fuori, fuori». «Rajoy è morto» sentenzia la rivista satirica Mongolia. Niente di più avventato. Il premier, con la calma, il ritardo e i modi che gli sono consueti, evita di rispondere alle questioni più spinose e tira avanti. Assicura che tutto nel Pp è regolare e trasparente. Mostra i risultati di un esame interno. E, quanto a lui, «entrato in politica non per gli applausi, il denaro o la vanità », da settimana prossima renderà  pubbliche le sue dichiarazioni dei redditi. «A 23 anni ero notaio, se avessi pensato a guadagnare non avevo bisogno di cambiare mestiere». Dimissioni? Neanche a pensarci. Alle accuse di corruzione «dedicheremo attenzione, però non ci faremo distrarre dal dovere di far uscire la Spagna dalla crisi economica, crescere, creare occupazione».
Rajoy dice, anzi legge, tutto questo davanti allo stato maggiore del partito. Il discorso viene trasmesso a circuito chiuso nella sala stampa. Un discorso alto, nobile, contro il giustizialismo. Nessuna possibilità  quindi, di contraddittorio. Fuori i manifestanti urlano «dimissioni, dimissioni».
Due le domande che sarebbe stato interessante fare direttamente al leader spagnolo. La prima: se le carte che accusano il Pp sono false chi le ha scritte? La seconda: perché il Pp non querela l’anonimo autore aprendo così un procedimento penale che possa fare chiarezza?
Sulla prima questione Rajoy si limita a definire «fogli apocrifi» i registri contabili pubblicati da El Paà­s. Sulla seconda silenzio.
Eppure, a logica, le file di numeri e nomi affiorati sulla stampa sembrerebbero proprio una contabilità  segreta di donazioni e fuori busta alla cupola del partito. Tutto alle spalle del Fisco e della legge sul finanziamento ai partiti. Nel registro compilato a mano per 19 anni compaiono «stipendi» extra da 2.500 euro al mese (curiosamente mai rivalutati dal 1990) e rimborsi spese per abiti e cravatte. La scrittura, secondo alcuni grafologi consultati dalla stampa, parrebbe quella dello storico tesoriere del partito Luis Barcenas già  sotto processo per tangenti e per un conto svizzero da 22 milioni di euro. Barcenas nega, ma anche lui si guarda bene dal denunciare il misterioso falsario. In mancanza di denunce di parte, lo scandalo rischia di insabbiarsi. Al momento la Procura anticorruzione deve valutare se passare il caso alla Corte dei conti. Potrebbero passare mesi prima di una vera indagine giudiziaria.


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