Grande attesa a mani disgiunte

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MILANO. A due giorni dal voto, in Ohio – terra di Lombardia, ago della bilancia del prossimo parlamento – grande è la confusione sotto il cielo. A parte le cinque stelle che continuano a girare intorno alle teste bastonate di chi sta ragionando sull’esito del voto dopo la comparsata di Beppe Grillo in piazza Duomo. E’ il panico.
Dicono le cronache che è scattata la caccia ai voti, altrui. Del povero Oscar Giannino, vate un po’ mitomane con pochi altri titoli da mostrare: lui effettivamente qualcosa potrebbe regalare a destra e a manca. E soprattutto dei «grillini», questi sconosciuti, ma in questo caso è come andare incontro a un elefante in corsa sventolando giulivamente il retino della Vispa Teresa. Sono approcci che dicono della disperazione. Per esempio, il candidato del centrosinistra Umberto Ambrosoli, che alcune «voci» danno in leggero vantaggio – ma le voci si smentiscono nel giro di ogni quarto d’ora – ha avuto un’idea che non passerà  alla storia. Ha chiamato il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che sta facendo finta di fare la sua parte per aiutare il partito che lo ha disinnescato con le primarie. Renzi, a proposito del M5S, senza strafare, ha detto che «alcuni loro temi sono significativi anche per noi». Indi per cui, tirato per la giacchetta, e per fare il suo dovere, ha aggiunto anche «è chiaro che un voto a Grillo mette un po’ a posto la coscienza, mentre bisogna votare Bersani perché dobbiamo mettere a posto il paese, una cosa più complessa». E Umberto Ambrosoli, naturalmente, visto che Renzi era in tournée a Lodi, sud Milano.
Forse è troppo tardi. I voti dei «grillini» sono in banca, semmai in libertà  ci sono gli astensionisti non per vezzo ma per nausea: a chiedere in giro, c’è ancora una vasta platea di indecisi che a domanda risponde frignando «non lo soooo…», pur sapendo che a questo giro nessuno può permettersi di rivedere al Pirellone (bis) il centrodestra capitanato da Bobo Maroni. Allora, forse, più che gli astensionisti, a decidere il futuro della regione Lombardia, e dell’Italia, saranno gli ormai mitici «disgiuntori» di voto, alchimisti dell’impossibile quadratura.
Sono settimane che i professionisti della politica invitano al «voto utile» i cittadini lombardi, altrimenti detto voto disgiunto. Ma ancora una volta rischiano di non fare i conti con la realtà . Un esempio? Interno pizzeria, dopo Milan-Barcellona, tavolata di milanisti belli rilassati. «Allora, cosa voti?», «Grillo alla Camera e Pd al Senato». Tipo dottor Jeckyll e Mr.Hyde, la destabilizzazione che tiene per mano il mito della «governabilità »: c’è qualcuno che può prevedere se si tratta di un pazzo isolato? Pare di no. «Anche io», ammicca un tale al tavolo di fianco, «perché mi hanno proprio rotto i…».
Poi ci sono quelli che votano Ingroia alla Camera, Sel o Pd al Senato e che in Regione votano Etico a Sinistra. Ecco la radiografia della sinistra dissociata che non sa resistere alle sirene del voto utile e si affanna a voler lanciare un messaggio disperato. Ma a chi? Poi c’è Dario Fo, per esempio, da queste parti, e per la sinistra tutta, una sorta di icona vivente. Curiosa vicenda quella del premio Nobel che si è sbilanciato a poche ore dal voto puntando su Beppe Grillo. Lui, per esempio, avrebbe potuto essere il testimonial perfetto del voto disgiunto a sinistra. E invece no. Interrogato da la Repubblica, ha risposto così: «Se una persona prende una posizione ad un certo punto non se ne può staccare per favorire un’altra parte politica. Anche se io stimo Ambrosoli e lo ammiro perché ha un coraggio da leone. Ma il voto disgiunto è una cosa che sa di incucio sbilenco». Tanto per complicare la vita ai sondaggisti. Il resto, a parte le dichiarazioni di rito dei candidati presidente – entrambi sono sicuri di vincere – appare e svanisce nelle pieghe della rete, con accenti anche deliranti, come chi, da sinistra, dà  del fascista a Fo per aver infiammato la piazza di Grillo. Facebook fa il resto, lì si litiga, soprattutto a sinistra: e il tema che inquieta è sempre lo stesso. Nel frattempo, nell’inutile brusìo pre elettorale – sorprese a parte, ormai l’unico evento «sposta voti» potrebbe essere una clamorosa doppietta di Balotelli nel derby di domenica – sta passando sotto silenzio il parziale disfacimento della giunta arancione di Pisapia: il vicesindaco e due assessori (Guida, Tabacci e Castellano) lasciano per candidarsi altrove. Auguri. Poi si vedrà .


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