IL BIVIO DI BERSANI

Loading

«O Monti o il caos», era il ritornello con cui si tacitavano le voci che, al contrario, polemizzavano contro la sordità  di chi non riusciva a intercettare il sentimento post-referendario di un’opposizione larga, profonda, priva ormai di rappresentanza. Persino Nichi Vendola, pur alleato di Bersani, era considerato un residuo estremista da riportare all’ovile della consapevolezza, un ostacolo anziché un ponte verso uno scontento stellare alimentato da una crisi economica senza fine.
Ora che le urne hanno rivelato tutta la distanza tra i partiti e la società , ora che il Pd è costretto a fare i conti con i quattro milioni di voti perduti, ci sarebbe da aspettarsi un rapido rinsavimento, una decisa sterzata, un vero cambio di rotta.
Ancora scosso dall’esito del voto, nella notte elettorale Bersani ha detto di volersi assumere «la responsabilità » di indicare una direzione per il nuovo governo. E ieri ha spiegato che rispetterà  il ruolo di primo partito conquistato dai grillini, annunciando un’agenda di governo centrata sui temi delle riforme istituzionali e della morale pubblica. È un primo passo. Timido, come di chi deve ingoiare una pillola amara, mentre sarebbe questo il momento per rivolgersi con decisione verso gli interpreti, dalle Alpi alla Sicilia, della protesta e della proposta di una nuova stagione politica.
Se la sente il gruppo dirigente del Pd di sfidare, e anche di stanare, i deputati e i senatori a 5 stelle per ottenerne la fiducia su una vera legge contro il conflitto di interessi? È nelle condizioni, il Pd, di garantire un effettivo abbattimento delle spese della «casta», una campagna a favore dell’acqua pubblica, contro le grandi opere, contro gli F35, e, a proposito di un’altra Europa, per l’istituzione del reddito minimo?
Ma c’è un altro aspetto, non meno rilevante, dell’agenda-Bersani. Riguarda la natura del partito. Le primarie sono rimaste un’eccezione alla regola. Lo scandalo Mps ha azzoppato la campagna elettorale e accomunato l’immagine del Pd al sistema politico. Confermando l’atteggiamento, sempre forte e respingente, di chi vive con una rendita di posizione. Del resto, forma e contenuto, anche in politica, camminano insieme.
Una incapacità  di cambiare contagiosa. Nonostante le sollecitazioni di un movimento nuovo come «Cambiare si può», la sinistra, da Sel a Ingroia, non è stata capace di accompagnare queste battaglie con un altrettanto radicale mutamento delle forme della rappresentanza, del modo di fare politica, rimanendo prigioniera di ideologie e partitini che già  nel 2008 avevano fatto fallimento. Ormai le prove d’appello sono davvero finite.
Analizzeremo e impareremo a conoscere meglio questa nuova, giovane classe dirigente grillina. Una crescita così impetuosa naturalmente raccoglie a sinistra ma anche, e molto, a destra, tra la Lega che dimezza i voti, nel mare del Pdl che di voti ne perde sette milioni. Ma per quel che abbiamo finora seguito e indagato dell’universo grillino, sappiamo che una parte importante delle idee e delle pratiche del movimento a 5 stelle insistono sul tema dell’ambientalismo, della riconversione industriale secondo i principi della sostenibilità , dell’acqua pubblica, del no alla Tav… . E non a caso le prime parole di Vendola sono state proprio su questi temi, rivolte all’unico interlocutore che, nei territori e in parlamento, le può condividere.
Naturalmente il centrosinistra deve sapersi difendere dalle sirene assordanti già  all’opera. Come in un gioco dell’oca, il giorno dopo dopo la rivoluzione elettorale, con il Movimento 5 stelle diventato il primo partito, il presidente della repubblica (chissà , forse questa volta più sensibile all’eco del boom grillino) è volato dalla cancelliera Merkel. Un viaggio accompagnato dall’orchestra europea che già  suona la danza dello spread, mentre il professor Monti batte i tamburi a palazzo Chigi convocando un gabinetto di guerra con Grilli (il ministro) e il Governatore di Bankitalia. Sembra di essere tornati alla casella iniziale, ai mesi fatali del novembre del 2011, all’inizio della fine, quando il capo dello stato affidò «al professor Mario Monti l’incarico di formare un nuovo governo, aperto al sostegno e alla collaborazione da parte sia dello schieramento uscito vincente dalle elezioni del 2008 sia dalle forze collocatesi all’opposizione». Sbagliare è umano, perseverare sarebbe diabolico.


Related Articles

Crisi, la proposta di Renzi: governo istituzionale da Fi, 5s fino a sinistra

Loading

Grillo dice sì «al dialogo», ma Zingaretti resta sulla linea del voto, Salvini urla all’inciucio, l’assist di una campagna «contro tutti»

Crescita, Monti oggi vede i tre leader

Loading

Duello Passera-Fornero, poi il bacio. Il ministro dello Sviluppo mostra il piano antirecessione

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment