Il filo rosso delle esigenze cautelari in una «retata nazionale» (senza regie)

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L’immobiliarista Alessandro Proto è in prigione su ordine di un altro giudice per i tre motivi insieme: pericolo di fuga, reiterazione del reato e inquinamento delle prove. L’intera gamma contemplata dal codice. E così, motivo più motivo meno, il presidente del Cagliari Massimo Cellino, o l’ormai ex presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi.
In diverse parti d’Italia, per accuse che non hanno alcun collegamento fra loro, giudici diversi sollecitati da pubblici ministeri diversi in tempi diversi, hanno improvvisamente dato vita a una sorta di «retata su scala nazionale» di nomi famosi. Una catena di episodi in cui non c’è un’unica regia, e dove l’unico punto di congiunzione sta nei motivi per cui gli indagati sono stati privati della libertà . Motivi che andranno rivalutati, giacché i rispettivi tribunali del Riesame potrebbero leggere diversamente gli atti e rispedire i detenuti a casa. Ma per adesso ci sono le decisioni dei giudici delle indagini preliminari, tranne nel caso di Baldassarri fermato dai pm di Siena convinti che la dismissione di titoli per un milione di euro e la disponibilità  di due case a Londra e a Miami fossero i sintomi di un’imminente fuga all’estero.
Sostiene il gip di Roma che se Angelo Rizzoli fosse stato messo agli arresti domiciliari, in considerazione della salute precaria e dei quasi settant’anni d’età , avrebbe potuto continuare a commettere i reati societari per cui è inquisito, e a imbrogliare le carte. Anche perché nella stessa abitazione vive la moglie Melania, coindagata e deputata (del Pdl) con relative immunità . Ha raccontato una testimone, dipendente di una delle sue società : «Quando gli ufficiali si recavano presso la casa di Rizzoli, lo stesso dava ordine ai domestici di riferire che era la casa di un parlamentare, e che quindi non potevano in alcun modo accedere». Motivo per il quale i pm non hanno fatto perquisire l’appartamento. «E’ evidente — si legge nell’ordinanza di arresto — l’inquinamento probatorio che il prevenuto potrebbe attuare, sia per la possibilità  di distruggere e occultare documenti nella sua disponibilità , sia per la manifesta capacità  di Rizzoli di gestire e indirizzare, secondo i suoi voleri, dipendenti e prestanome, nonché di avvalersi di conoscenze tra alti funzionari dell’Amministrazione o di Enti di Stato».
Considerazioni pressoché analoghe sono valse per l’immobiliarista Proto indagato per manipolazione del mercato azionario. Il quale, denuncia il giudice milanese, «vive innanzitutto dei proventi delle truffe perpetrate; risiede in Svizzera e dispone di conti all’estero; ha messo in luce una particolare abilità  a mentire anche dinanzi ad autorità  pubbliche». La «misura meno afflittiva» di chiuderlo in casa «appare del tutto inadeguata, perché l’oggettiva insufficienza e saltuarietà  dei controlli e l’evidenziata personalità  dell’indagato non consentono di fare affidamento sulla spontanea osservanza delle prescrizioni».
Il presidente Cellino, accusato di tentato peculato e falso ideologico, appare al giudice di Cagliari «tuttora in grado di condizionare uomini e istituzioni». Gli viene contestata la «spregiudicatezza con cui le istituzioni sono state asservite all’interesse di Cellino e del Cagliari Calcio, costringendo dirigenti e funzionari non solo alle condotte necessarie alla distrazione delle somme, ma anche a fare quanto necessario per occultare, o comunque inquinare, le prove dell’intera operazione». Il tutto, conclude il magistrato, «è certamente indice di pericolo concreto, che rasenta la quasi certezza, di reiterazione di condotte criminose della stessa specie di quelle per cui si procede».
Quarantotto ore prima di quell’arresto, i carabinieri avevano accompagnato nel carcere di Busto Arsizio il responsabile di Finmeccanica Orsi, coinvolto nell’indagine per corruzione internazionale, a causa di un presunto tentativo di inquinamento probatorio che si sarebbe realizzato attraverso un paio di magistrati in pensione e «quanto meno la ricerca di compiacenze presso i maggiori organi di stampa». Ipotesi negate dall’indagato davanti al giudice, nella speranza di una decisione diversa sul suo destino.
Giovanni Bianconi


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