La rinuncia di Benedetto XVI «L’età  è avanzata le forze inadatte»

Loading

«Fratres carissimi, non solum propter tres canonizationes ad hoc Consistorium vos convocavi, sed etiam ut vobis decisionem magni momenti pro Ecclesiae vitae communicem». «Carissimi fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa…».
Sono le 11 e 41, quando Benedetto XVI — la voce fioca, il corpo sottile come un giunco, la volontà  fermissima — inizia a parlare, in latino. Deve canonizzare i martiri di Otranto. Ma subito si intuisce che c’è qualcosa di inatteso nell’aria. Padre Georg china il capo. I cardinali si guardano l’un l’altro, attoniti. Nella Sala del Concistoro, scriverà  l’Osservatore Romano, si sente «un lieve brusio». Il mondo non sa ancora nulla dell’annuncio che sta per turbare un miliardo di cattolici.
«Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età  avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino».
Lo sgomento si disegna sui volti dell’elemosiniere, Guido Pozzo, e del reggente della prefettura della Casa pontificia, Leonardo Sapienza. Bertone, segretario di Stato, e Sodano, decano del sacro collegio, hanno in mano il testo che Ratzinger ha scritto di proprio pugno, e seguono le parole una per una. Sono tra pochissimi che già  sanno: il Pontefice sta per dimettersi.
«Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando…».
Il «momento di terrore» che di solito accompagna la morte e la «velatio» del volto del Pontefice è ora vissuto in forme nuove. A differenza di Wojtyla, il suo successore non se la sente di affrontare una morte pubblica. Non accadeva da sei secoli, dai tempi di Gregorio XII. Ma il precedente più noto è Celestino V, il Papa di Dante. Anche lui diede l’annuncio in un Concistoro, leggendo un testo scritto in latino. Era il 13 dicembre 1294.
«Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo. Vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità  di amministrare bene il ministero a me affidato…».
La notizia che il Papa sta facendo una comunicazione molto grave percorre il Vaticano. Prelati, suore, laici si mettono davanti alla tv a circuito chiuso. La bocca di Benedetto XVI si muove appena, la voce è particolarmente flebile; non tutti capiscono bene quel che sta dicendo; lo intuiscono, però.
«Declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commissum renuntiare ita ut a die 28 februarii MMXIII, sedes Romae, sedes Sancti Petri vacet et Conclave ad eligendum novum Summum Pontificem convocandum esse…». «Per questo, ben consapevole della gravità  di questo atto, con piena libertà , dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà  vacante e dovrà  essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice».
Sono le 11 e 46 quando la vaticanista dell’Ansa, Giovanna Chirri, dà  la notizia, che subito diventa l’apertura di ogni sito, in ogni lingua. Sodano è il primo ad abbracciare Ratzinger e a baciarlo sulle guance: «È un fulmine a ciel sereno» dice. Scola, che è a Milano, confessa la sua «grande sorpresa». Bagnasco riconosce «il profondo esempio di libertà  interiore». Ruini: «Le decisioni del Papa non si discutono, si accolgono». Le gerarchie si affidano a comunicati scritti. Il Conclave è imminente, reso ancora più rapido dal fatto che stavolta non c’è un funerale da celebrare, un lutto da osservare. Non si conosce ancora la data in cui i 117 cardinali saranno convocati a Roma: la costituzione apostolica scritta da Wojtyla non prevede l’ipotesi di dimissioni. Il nuovo Papa è atteso per Pasqua. L’imam di Al Ahzar, massima autorità  dell’Islam sunnita, si dice «profondamente scosso». Il Congresso mondiale ebraico ricorda che Ratzinger è stato il Papa che ha visitato più sinagoghe nella storia. I social network entrano in subbuglio, in molti ricordano che il Pontefice è stato il primo a far parte della comunità  di Twitter. Ma il fatto inedito per cui entrerà  nella storia sarà  il modo in cui ne è uscito. Dalla Germania si esprime la Merkel: «È una decisione che molti potranno comprendere, nell’epoca in cui la vita dura sempre più a lungo». Tutti, per primo Napolitano, riconoscono a Benedetto XVI coraggio e modernità . In tanti ricordano le sofferenze legate agli scandali della pedofilia e delle carte trafugate.
«Carissimi fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti».
La notizia rimbalza sulla campagna elettorale italiana, e la sovrasta. Monti è «scosso», Berlusconi «ammirato». Grillo auspica «un Papa nero, come Obama». I bookmakers quotano a 4 il nigeriano Arinze, che ha compiuto ottant’anni il primo novembre scorso e non andrà  neppure in Conclave. I tg lanciano la candidatura del canadese Ouellet però ne stravolgono la pronuncia e lo chiamano «Ollé». Tra i testi più letti su Internet la profezia di Malachia, secondo cui il prossimo dovrebbe essere l’ultimo Papa. Altri annotano che due anni fa Ratzinger andò in visita all’eremo del Santo Spirito di Sulmona, dove si era ritirato Celestino V. Padre Lombardi, direttore delle sala stampa vaticana, convoca una conferenza per rispondere alla domanda che tutti gli pongono: il Papa sta per morire? No, nessuna malattia: «Certo, negli ultimi mesi è diminuito il vigore. Non è vero però che fosse depresso». Fonti mediche fanno sapere che il Santo Padre soffre per dolori articolari e reumatici, oltre che per la sua fibrillazione atriale cronica, ma rifiuta i farmaci anticoagulanti prescritti. L’unico a non essere stupito è Georg Ratzinger. Dice che suo fratello Joseph l’aveva detto, nel libro intervista con Peter Seewald: se le forze non lo sostengono più, il Papa ha il diritto, e in certe circostanze il dovere, di dimettersi. Severo il commento di monsignor Dziwisz, ex segretario di Wojtyla: «Dalla croce non si scende».
«Ora affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà  materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio».
Ma cosa farà  il Papa, quando non sarà  più tale? Ovviamente non parteciperà  al Conclave. Si ritirerà  a Castel Gandolfo e poi, quando saranno finiti i restauri, nel monastero Mater Ecclesiae retto dalle suore di clausura, sotto le mura leonine: dodici celle, un orto, i giardini. Il Pontefice dimissionario resterà  in Vaticano, sia pure da monaco. Come Celestino V. Che però, mentre tentava di raggiungere l’eremo di Sant’Onofrio, fu catturato, consegnato al nuovo Papa Bonifacio VIII, imprigionato nel castello di Fumone, dove rimase sino alla morte, nel 1296. Il direttore dell’Osservatore Romano, Gian Maria Vian, scrive che Benedetto XVI aveva già  deciso di lasciare nel marzo 2012, dopo il massacrante viaggio a Cuba e in Messico. «Iterum et iterum» dice il Papa: ha riflettuto «ancora e ancora». Ha atteso che si placasse la tempesta di Vatileaks. Ma non se la sentiva di partire per il Brasile per le Giornate mondiali della Gioventù, a fine luglio. Non ha voluto attendere di compiere 86 anni, il 16 aprile, né di compiere l’ottavo anno di pontificato, tre giorni dopo. All’epoca Ratzinger fece valere il proprio potere sulle anime, la primazia intellettuale su quei cardinali che proprio per questo oggi sono così sconcertati. Due giorni dopo la morte di Wojtyla, quando i quotidiani pubblicarono le prime interviste, lui disse in San Pietro: «Non parlate con i giornali. Se avete qualcosa da dire, venite a dirla a me». Nella messa «Pro Eligendo Pontifice» enunciò il manifesto del pontificato, la critica del relativismo. Poi condusse i cardinali nella cappella Sistina; e quando uno di loro sbagliò strada, lo richiamò: «Per di qua».
La notizia arriva in America. Obama esprime dolore. Dolan, arcivescovo di New York, prevede: «Non credo sarò io il successore». La piccola folla riunita in piazza San Pietro si dirada. Una suora piange: «Lo ricorderemo come un Papa umile». L’aveva detto lui stesso, il giorno della sua elezione: «Dopo il grande Papa Giovanni Paolo II i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore». Otto anni dopo, il lavoro è finito.


Related Articles

LO TSUNAMI ALLA ROVESCIA

Loading

IL COMPORTAMENTO del Movimento 5 Stelle di fronte alla sua prima sconfitta elettorale illustra la grave malattia della democrazia italiana assai meglio degli ultimi dieci anni di prediche antipolitiche di Beppe Grillo.

Ipotesi primarie con Renzi e Barca

Loading

Il partito cerca di coinvolgere esponenti 5 Stelle vicini a Giustizia e libertà 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment