La svolta verde di Obama “Rinnovabili e ambiente ecco il futuro dell’America”

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NEW YORK — «Si riparte con un’economia che funzioni per tutti. La misura del nostro successo sarà  questa: se la crescita darà  nuove opportunità  a tutti, senza lasciare indietro nessuno». E’ il messaggio che Barack Obama lancerà  domani sera, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione. Un messaggio solenne alla nazione e al Congresso. Il quarto della sua carriera presidenziale. Forse il più importante perché segna l’inizio del secondo mandato, in cui Obama può curare il suo “lascito storico”, senza essere condizionato dalla rielezione.
«Sarà  un agenda per la crescita, per il lavoro», ha anticipato il presidente in una riunione in Virginia con i leader del partito democratico. Soprattutto il lavoro dei giovani. Vincere questa sfida significa tagliare i ponti con il laissez-faire, con quell’ideologia dello Stato minimo che la destra ha imposto per più di trent’anni come pensiero unico. L’agenda per il lavoro che Obama presenterà , esige un ruolo forte dei poteri pubblici. Più investimenti nella scuola, nella ricerca, nelle infrastrutture e nelle energie rinnovabili. Un nuovo piano di azione per affrontare il cambiamento climatico. Accesso agevolato ai prestiti d’onore perché tutti i giovani che meritano di studiare possano permettersi le migliori facoltà . «Bisogna traghettare la nostra economia — spiegano i collaboratori del presidente — verso un modello di sviluppo in cui le classi lavoratrici e il ceto medio non si sentano più stritolati, dove le famiglie abbiano potere d’acquisto adeguato». Obama illustrerà  le sfide del XXI secolo a cui l’America deve prepararsi: il degrado dell’ambiente, le migrazioni, le rivoluzioni tecnologiche. Sono minacce che possono trasformarsi in opportunità . Cioè nuovi posti di lavoro nelle energie rinnovabili; o il motore di crescita che verrà  da una politica intelligente sull’immigrazione.
I presidenti sono attenti ai precedenti storici, quando affrontano lo Stato dell’Unione. I collaboratori di Obama hanno in mente due di questi precedenti. Il repubblicano Ronald Reagan nel 1985, all’inizio del suo secondo mandato affermò: «Abbiamo cominciato bene, ma è solo un inizio». Anche Obama può esibire al proprio attivo una crescita economica reale, che dura già  da due anni e genera nuova occupazione: ma non abbastanza. L’altro precedente è Bill Clinton nel 1997: «L’avversario del nostro tempo è l’inazione». Oggi è vero più che mai. Obama ha passato il suo primo quadriennio a combattere contro l’ostruzionismo repubblicano. Esce rafforzato dalla rielezione mentre la destra è in difficoltà . Tuttavia i repubblicani controllano ancora la maggioranza alla Camera e cercano di spostare tutto il dibattito di politica economica sui tagli al deficit. Questa è “inazione” nella versione 2013. Obama non vuole farsi cacciare in questo angolo. I sondaggi lo incoraggiano: tra le preoccupazioni degli americani, la situazione economica e il lavoro dominano. Il deficit arriva solo al terzo posto. Rafforzare la crescita, renderla più equa, allargare a tutti i benefici della ripresa: sono gli assi portanti del secondo mandato. Questo impone una svolta netta rispetto al tradizionale neoliberismo. Ridurre il deficit va bene, purché in maniera graduale, e soprattutto rivisitando le priorità  dell’azione pubblica. Ci saranno sacrifici da fare nella spesa, purché servano a dirottare risorse verso gli investimenti nel futuro. E’ un’agenda per un governo interventista, non rinunciatario.
Tra le condizioni perché la crescita benefici tutti i lavoratori, Obama metterà  il rilancio della vocazione manifatturiera degli Stati Uniti. L’America deve tornare ad
esercitare «un’attrazione magnetica per le industrie manifatturiere ». Per questo occorre «fornire a tutti gli americani i talenti e la formazione che sono richiesti dai nuovi mestieri». Resta attuale il tema dell’equità  distributiva: non basta creare posti, bisogna che «chi lavora duramente abbia un reddito per vivere in modo dignitoso ». In un’era di incertezza economica e diseguaglianze crescenti, Obama disegnerà  un ruolo forte della mano pubblica, una inversione di tendenza rispetto alla “ritirata” dei governi da Reagan in poi.
I repubblicani hanno designato Marco Rubio, senatore della Florida di origini cubane, come relatore martedì sera per la risposta dell’opposizione: un tentativo di limitare i danni, dopo che la loro chiusura sull’immigrazione ha spostato il voto ispanico in favore di Obama. Grande attesa per gli invitati- simbolo della Casa Bianca, i cittadini comuni che il presidente vorrà  in tribuna per “personificare” le sue priorità .


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