L’Antitrust indaga sui prezzi dei farmaci anti-cecità 

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ROMA — Due farmaci usati per curare la maculopatia, una malattia della vista che colpisce per lo più anziani e diabetici e che può portare alla cecità . Prodotti da Novartis e Roche, colossi svizzeri della farmaceutica mondia-le, entrambi con sede a Basilea. Uno costa 1.100 euro, l’altro 20 a dose. Ma il primo farmaco, il Lucentis della Novartis, è autorizzato proprio per la terapia oftalmica ed è anche a carico del Servizio sanitario nazionale. Il secondo, l’Avastin della Roche, è approvato per il trattamento del tumore al colon, da dicembre non è più a carico del Ssn, ma nella pratica viene impiegato con successo da anni e da milioni di persone in tutto il mondo anche per le maculopatie. Secondo l’Antitrust italiana, che il 6 febbraio scorso ha avviato un’istruttoria nei confronti di Novartis e Roche, il sospetto è che le due aziende «abbiano messo in atto comportamenti restrittivi della concorrenza». Accordandosi, di fatto, per escludere l’uso in Italia del ben più economico Avastin in favore del Lucentis. E arrecando, grazie al «presunto cartello», un danno allo Stato, ovvero un «esborso aggiuntivo», di «circa 400 milioni l’anno».
Ma perché un’azienda, la Roche, dovrebbe favorire l’altra, la Novartis, se ha un prodotto del tutto equivalente in termini di efficacia e sicurezza, come molti studi internazionali dimostrerebbero? Un prodotto che tra l’altro costa 55 volte meno dell’altro e molto popolare, ma che la stessa Roche non ha mai voluto registrare in Italia come anti-maculopatie. Secondo l’Antitrust, non si può escludere che le due aziende siano state condizionate da «forti legami di tipo societario e operativo», visto che la Novartis ha una partecipazione azionaria in Roche superiore al 30% e che entrambi i farmaci, Lucentis e Avastin, sono stati prodotti e brevettati dalla Genentech, un tempo controllata da Novartis, poi acquisita da Roche. Un mix troppo intricato, ritiene l’Antitrust, per non suscitare i sospetti di un cartello.
Sul punto Novartis precisa di detenere «il 33,3% delle azioni al portatore che rappresentano il 6,4% del capitale di Roche» e questo quindi «non permette alcuna influenza». Per Roche invece non esiste «alcuna intesa anticoncorrenziale con Novartis». Non solo. «Lucentis e Avastin sono due farmaci differenti, contenenti principi attivi diversi, sviluppati per finalità  terapeutiche distinte. E possono avere profili di sicurezza difformi nell’utilizzo intraoculare ». Per questo Roche «non promuove l’uso
off label di Avastin, pratica vietata dalla legge». «Una gran balla», ribatte Matteo Piovella, presidente della Società  oftalmologica italiana che ha, tra gli altri, segnalato il caso all’Antitrust. «L’uso off label,
cioè la possibilità  dei medici di utilizzare farmaci per scopi non ricompresi nel “foglietto”, non solo è legale in tutto il mondo e in Italia, ma indispensabile ». Per quanto riguarda il danno per lo Stato, Piovella ipotizza che si possa arrivare a un miliardo nel 2013. «Basta moltiplicare 200 mila pazienti per 5 iniezioni l’anno per 1.100 euro, il costo sostenuto dagli ospedali per il Lucentis, contro i 20 euro a dose dell’Avastin, appena 20 milioni per il Ssn».


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