L’Italia contiene i danni Ridotto lo «sbilancio»

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BRUXELLES — Poteva andare ben peggio, fa capire Mario Monti. Per esempio: sono salvi i piani «per le grandi reti di trasporto, i progetti Galileo o Erasmus, o Connecting Europe: ed è possibile il salvataggio del fondo europeo per gli indigenti, circa 2,5 miliardi…». E in cassa arriverà  anche lo stanziamento da 1,5 miliardi per le Regioni meno sviluppate e più colpite dalla crisi, quasi tutte nel Sud.
Ma poteva andare anche meglio. L’accordo sul bilancio settennale Ue, per l’Italia come per altri Paesi, si rivela il proverbiale bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno a seconda di come lo si guardi. Dall’Italia, arrivano già  critiche: per esempio il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, definisce l’intesa «un grave arretramento politico dell’Unione Europea». E Berlusconi ha sostenuto che «la Merkel ha adottato Monti, che fa tutto ciò che dice la Germania, è più tedesco che italiano».
Per l’Italia vi sono tagli, che Monti ribattezza diplomaticamente come «minori aumenti rispetto a quelli previsti». Ma poi si dice consapevole del fatto che a fine vertice «traspare una notevole delusione sui pagamenti».
Il risultato più chiaro riguarda l’annoso «sbilancio» accumulato dall’Italia come Paese «contribuente netto», che cioè riceve dalla Ue meno di quanto le dia: nel precedente bilancio 2007-2013 quel divario era di meno 4,5 miliardi di euro, lo 0,28% del reddito nazionale lordo, ed ora è di meno 3,8 miliardi (0,23%). Fra i Paesi «contribuenti netti», l’Italia è l’unico insieme con il Belgio che riesca oggi a ridurre le distanze. Ci sono poi diverse altre voci: come i 2 miliardi di fondi per la coesione (400 milioni per il nuovo Fondo dell’occupazione giovanile, soprattutto al Sud), con un aumento dell’1% rispetto al precedente bilancio 2007-2013. Nuvoloni e un po’ di sole anche nell’agricoltura. Qui, da un lato, l’Italia perde un miliardo in 7 anni nei finanziamenti per il cosiddetto «primo pilastro» (termine quasi iniziatico e perciò inavvicinabile, riservato ai tecnici), ma dall’altro riesce a parare un colpo ben peggiore nei finanziamenti basati sul sistema delle superfici agricole: prima prendeva 400 euro per ogni ettaro coltivato, adesso è scesa a 380, ma la media europea è pur sempre a 260 euro.
Monti tira le somme del vertice affiancato dai suoi ministri Fabrizio Barca, Mario Catania, Enzo Moavero; e dal rappresentante permanente presso la Ue Ferdinando Nelli Feroci. Dell’«ottima preparazione» che hanno insieme svolto per questo negoziato, il primo ministro si dice «soddisfatto». Ma non dev’essere stata una passeggiata, lo si capisce ora che si guarda dentro il carniere. Nei mesi e nei giorni scorsi, spiega Monti, ha sempre consultato a proposito del bilancio Ue i «3 capi» dei gruppi politici che sostenevano la maggioranza, e cioè «in ordine alfabetico Alfano, Bersani, Casini, per annunciare che il proposito del governo era di non chiedere il rinvio del Consiglio europeo». Si trattava di concordare una linea «all partisan», aggiunge: con il consenso di tutti e 3 i gruppi. Nessun accenno a Berlusconi. Dai 3 leader, «è giunto l’assenso».
Quando poi il negoziato Ue ha preso la piega più dura, «ho messo il Consiglio europeo di fronte alla concreta e credibile possibilità  che l’Italia ponesse il veto»; com’era accaduto al vertice dello scorso 28 giugno, per il patto sulla crescita. Il Professore ricorda un altro fattore che ha accompagnato inevitabilmente la formazione del bilancio pluriennale: il calo della «prosperità  relativa» (più o meno, in soldoni: i livelli di benessere), che va avanti «da molti anni nel quadro della Ue, e soprattutto in questi ultimi 2 anni», quando più si è avvertito «l’impatto particolare della crisi». Più ancora dei capi di Stato e di governo, è stato probabilmente quello il vero protagonista del negoziato di Bruxelles. In serata, al suo ritorno a Roma, il premier si è recato al Quirinale per riferire al presidente Napolitano dell’accordo raggiunto.


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