«Turbina difettosa» Il Pentagono ferma i voli degli F-35

by Sergio Segio | 23 Febbraio 2013 11:57

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Sembra proprio nato sotto una cattiva stella il supercaccia F-35. I tecnici si sono accorti addirittura che, a causa di un punto debole in una delle pale della turbina del reattore, un pezzo metallico potrebbe all’improvviso staccarsi e mandare in frantumi il motore. Un caso di emergenza assoluta, tanto che i generali del Pentagono, per evitare disastrose conseguenze hanno dato ordine di interrompere i voli di collaudo dei jet finora costruiti. Tutti i velivoli resteranno a terra fino a quando non sarà  risolto il grave problema.
Quello che è l’aereo più tecnologico e costoso della storia continua quindi a essere afflitto da difetti che ne minano la sicurezza. Un mese fa si era appreso che il supercaccia F-35 è vulnerabile alle scariche elettriche.
Il rischio di solcare sistemi nuvolosi è emerso quando un caccia F-35 si preparava a levarsi in volo dalla base di Eglin, in Florida, dove era in corso un violento temporale. Di colpo i reattori si sono spenti. La ricerca delle cause ha portato a una scoperta allarmante: le scariche elettriche, i fulmini possono influenzare la strumentazione di quello che è considerato un gioiello tecnologico progettato in tre versioni, A per decollo e atterraggio convenzionali, B per decollo corto e atterraggio verticale, C per operare sulle portaerei con catapulta. Molto preoccupati, al Pentagono i responsabili dell’«Operational test and evaluation office» hanno preparato un dossier in cui vengono messi in evidenza i guai che affliggono il superjet. Per evitare incidenti sono state imposte delle restrizioni ai voli di prova, gli F-35 devono tenersi alla larga dai cumuli nuvolosi e sfrecciare ad almeno 45 chilometri dalle aree in cui sono in corso temporali.
Ora salta fuori un altro aspetto preoccupante, la debolezza insita in una pala della turbina del reattore. Ogni volta che si scopre un difetto, i tecnici cercano di rassicurare, dicendo che i prototipi del velivolo sono fatti apposta per scoprire eventuali difetti tecnici in modo da poterli poi correggere. Anche in questo caso arrivano dai capi militari parole tese a tranquillizzare, dicono che si sta verificando cosa è successo e in ogni caso verrà  messo rimedio prima che i supercaccia possano di nuovo levarsi in volo.
Ma queste notizie sui guai del velivolo che continuano ad arrivare dagli Stati Uniti non fanno altro che alimentare le polemiche di chi vorrebbe cancellare l’accordo firmato dall’Italia che prevede l’acquisto di 90 velivoli a un prezzo ritenuto eccessivo.
Contro gli avversari dell’F-35 ha reagito il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, il quale ha ricordato che il governo ha già  proceduto a una riduzione del numero dei caccia dagli iniziali 131 previsti ai 90 attuali. «Una riduzione molto importante delle spese — ha scandito il ministro —. E dobbiamo ricordare che siamo uno dei grandi Paesi dell’Alleanza in Europa». In altre parole, il nostro impegno non può essere inferiore, perché «non possiamo parlare, confrontandoci, con tutto il rispetto, con il Costa Rica».
La settimana scorsa è venuto in Italia Stephen O’Bryan, vicepresidente del programma che sviluppa l’F-35 per conto della Lockheed. Di fronte alle proteste di chi non vuole il supercaccia, ha detto che l’Italia farebbe un cattivo affare a ridurre ulteriormente il numero dei jet acquisiti, perché si ridurrebbe anche «il beneficio che deriva dal ritorno industriale».

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