“Nel 2014 fusione Fiat-Chrysler e presto la piena occupazione Fiom? Un sindacato presuntuoso”

by Sergio Segio | 4 Febbraio 2013 8:13

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TORINO. «LA FUSIONE con Chrysler entro il 2014 e la fine della cassa integrazione negli stabilimenti italiani entro tre-quattro anni. Se possibile anche prima». Sergio Marchionne prende questi impegni nell’intervista con il direttore di Repubblica, Ezio Mauro, sul palco del teatro Carignano di Torino a conclusione della due giorni di anteprima della “Repubblica delle idee” dedicata al tema del lavoro. Novanta minuti di dialogo serrato in cui l’ad del Lingotto risponde a Maurizio Landini: «Faccia la pace con gli altri sindacati che hanno dato fiducia al nostro progetto. Così potrà  rientrare al tavolo delle trattative».
SERGIO Marchionne, 60 anni, nato a Chieti, italiano, naturalizzato canadese. Quando le chiedono in che città  vive, lei che cosa risponde tra Torino e Detroit?
«In aereo. E’ più facile».
Osannato in America e criticato in Italia. Ci sono buone ragioni per entrambi gli atteggiamenti. Come vive questo doppio giudizio?
«All’inizio ho avuto grandissime difficoltà  a capire. Quando siamo arrivati in Fiat nel 2004 perdevam 5 milioni al giorno. Abbiamo chiuso il 2012 con quasi sei miliardi di risultati operativi. C’è stato un cambiamento totale in questi nove anni.Equestopassaggio,anchepercolpamia,nonsonoriuscito a farlo capire in modo efficace. In America dal 2009 a oggi abbiamo aumentato gli organici di 19 mila persone. In Italia dal 2004 al 2012 gli organici sono aumentati di 10 mila persone. Abbiamo assorbito aziende che stavano per fallire ».
Però avete una quantità  di persone in cassa integrazione…
«Abbiamo perso il 40 per cento del mercato in Italia dal 2007 a oggi».
Ma è colpa del mercato o anche della mancanza di modelli?
«L’abbiamo visto con la Panda. E’ riconosciuta come la 4×4 più importante del settore. Eppure il mercato non c’è. Diciamocelo onestamente: c’è povertà  e questo non è dovuto alla Fiat, è un problema strutturale del Paese oggi».
Lei dice che in Europa ci sono 3,5 milioni di sovracapità  produttiva installata. Ma ci sono produttori che non hanno sovracapacità …
«Non ci sono dei produttori, c’è un produttore.Che è il secondo o terzo al mondo..».
Quindi è un problema di dimensioni?
«E’ anche un problema di storia. Ci hanno messo 25 anni acreareunmarchiocomel’Audi.Ehannounafortissimaposizione fuori dall’Europa, a cominciare dalla Cina. Noi in Cina stiamo cominciando adesso..».
Come mai l’Asia per voi è così complicata?
«Perché abbiamo sbagliato dieci anni fa, la prima volta che ci siamo andati. In ambienti complicati come la Cina ci vogliono anni per togliersi dall’ingaggio».
Si considera fuori da quel mercato?
«No. Abbiamo grandissime possibilità  con la Jeep, la Maserati e l’Alfa Romeo. L’Alfa Romeo è un marchio che deve essere ricostruito. Lo abbiamo danneggiato noi. Mi assumo tutta la responsabilità . La 159 l’ho lanciata io».
Lei si sta prendendo un impegno a non vendere l’Alfa Romeo?
«L’Alfa non è in vendita. E specialmente a loro…».
Quandoleièarrivato,laFiateratecnicamentefallita.Lei lo sapeva o è stato incosciente?
«Non lo sapevo. Ero in consiglio di amministrazione dal 2003 ma la situazione era molto difficile da capire dal consiglio ».
Vi nascondevano la gravità  della crisi?
«C’erano dei piani di risanamento piuttosto ottimisti».
Tutti pensavano che avreste venduto?
«Anche i banchieri volevano che vendessimo».
E gli azionisti?
«E’ nove anni che lavoro con gli azionisti e con John in particolare. Non abbiamo mai avuto una divergenza strategica sulla gestione del gruppo. Senza la Famiglia, la Fiat oggi non ci sarebbe e per questo li ringrazio. Hanno rischiato anche con l’avventura americana».
Lei sembra credere molto alle potenzialità  del mercato americano e molto meno, almeno in termini di nuovi modelli, a quello europeo. Quando un mercato va male, bisogna lasciarlo cadere?
«Ci sono de imomenti in cui è meglio alzarsi da ltavolo che fare le cose. I francesi:hanno lanciato una sfilza di prodotti e oggi la Peugeot sta perdendo 200 milioni di euro al mese ».
Lei ha presentato un progetto Fabbrica Italia che poi è saltato…
«Lo sbaglio più grande che ho fatto io in Fiat è aver annunciato Fabbrica Italia. Lo ammetto pubblicamente. E’ stata veramente un’imbecillaggine. In tutto il mondo se avessi presentato un piano così tutti capivano che era condizionato alle condizioni di mercato. Perché nessuno si chiede da dove sarebbero arrivati i venti miliardi di Fabbrica Italia?».
Chi glieli dava?
«Semplice: noi siamo finanziati dai mercati».
Lei chiede un intervento dell’Ue per ridurre la capacità  produttiva in Europa. Incentivi per chiudere stabilimenti?
«La Fiat in tutto questo si chiama fuori. Perché noi abbiamo avuto l’intelligenza o la fortuna di andare in America e di trovarci una soluzione nostra. Ma i costruttori che mi chiedono, come presidente della Acea, di coordinare la chiusura degli stabilimenti in Europa lo fanno per ottenere soluzioni che siano eque per i lavoratori e per i costruttori».
Se ci fosse una politica europea di questo tipo lei non la utilizzerebbe?
«Abbiamo detto che garantiamo tutti gli stabilimenti. Con tutti i rischi e le critiche che ci sono venute. Ieri c’era un signore seduto qui…»
Lo chiami per nome…
«Il signor Landini. Che mette in dubbio la capacità  dei nostri di costruire auto di lusso. Scherziamo? Che vada a fare qualcos’altro. Sono cavolate..».
Siete a un passaggio delicato, dalle utilitarie alle auto di lusso. Ce la farete?
«La macchina più costosa del mondo la presenterà  la Ferrari al Salone di Ginevra. Sono operai italiani, stile italiano, meccanici italiani, motoristica italiana. Che cosa devo imparare ai tedeschi di nuovo?».
Pensa a una Fiat fatta di Ferrari, Maserati e 500?
«Bisogna chiedersi se c’è spazio sul mercato per un altro marchio che sia low cost. Per riempire il vuoto che un’uscita della Fiat dalle utilitarie andrebbe a creare».
Che destino avrà  la Panda?
«Probabilmente ce ne sarà  anche una più grande, la Panda X».
Dove farete la Punto?
«Stamattina ho controllato: la facciamo ancora a Melfi».
Può dire che cosa si farà  a Mirafiori?
«Macchine di lusso, sia per l’Alfa Romeo che per la Maserati. Ci faccia lavorare».
C’è il pericolo che finisca la cassa integrazione prima della ripresa?
«No. L’impegno che abbiamo preso è quello di riportare tutti al lavoro».
Entro tre quattro anni?
«Anche più velocemente».
La differenza tra America e Italia è solo nelle difficoltà  del mercato?
«In America abbiamo trattato con un solo sindacato. Non è stato facile ma c’è stato sempre un rapporto di fiducia. In Italia abbiamo sofferto la mancanza di unità  sindacale».
Lei ha fatto di tutto per romperla l’unità  sindacale…
«Io ho fatto l’opposto. Ho fatto una proposta chiara e la maggioranza dei lavoratori l’ha accettata. Pensavo che questo bastasse no?».
A Mirafiori la percentuale dei no è stata molto alta..
«Se la regola è il 51 per cento io sto a quella regola. A Grugliasco il 70 per cento erano Fiom e due giorni fa ha visto come mi hanno accolto..».
Beh erano senza lavoro da sette anni. Credo che battessero le mani al lavoro ritrovato, oltre che all’investimento…
«Perché non parliamo della protezione dei lavoratori da parte dell’azienda? A Detroit è arrivata una giornalista polacca in lacrime, chiedendo perché avevamo trasferito la Panda dalla Polonia in Italia. Lo abbiamo fatto per proteggere Pomigliano. In un mondo piatto e globalizzato, la capacità  di un sindacato che ragiona a livello locale è molto limitata. E se posso dare un messaggio a Landini è che trovi con gli altri sindacati quel tipo di pace necessaria per rappresentare i lavoratori della Fiat. Non può schierarsi contro la maggioranza dei lavoratori della Fiat».
Risponda da studioso di filosofia. Che libertà  di scelta c’è quando in un referendum il no porta a perdere il lavoro?
«Condivido che la posizione nostra e la posizione di chi ha votato è una posizione di forza completamente diversa. Ma un no espresso con maggiore libertà  non può condizionare una multinazionale».
Landini ha chiesto a lei un tavolo di confronto. Non è il momento di farlo?
«O si fida del mangement della Fiat, come stanno facendo gli altri sindacati, o è difficile confrontarsi. Obama ci ha dato 7 miliardi di dollari senza mai chiederci quale modello avremmo fatto e dove».
Monti è venuto a Melfi, avete parlato di svolta. E poi c’è stata una cassa di due anni per riconvertire gli impianti…
«Abbiamo detto che faremo la cassa più breve possibile perché la macchina andrà  in produzione nell’estate del 2014. E’ normale, dobbiamo cambiare le linee».
Non è venuto il momento di chiudere una fase in cui sembra che ci sia la Fabbrica ideologica automobili Torino?
«Io vedo sempre i sindacati. L’ultima volta li ho incontrati mercoledì. L’esclusione di Landini da quella riunione non è una scelta mia».
L’esclusione dei 19 a Pomigliano però è una scelta sua..
«Abbiamo appellato quella sentenza che ci impone di assumere i 19 e non abbiamo licenziato nessuno. Non siamo ideologici in nessuna parte del mondo. E prima di Landini io non avevo problemi con la Fiom».
Riuscirà  ad arrivare alla fusione con Chrysler entro il 2014? E come risolverà  il contenzioso con il fondo Veba?
«Non è un contenzioso, abbiamo due opinioni diverse su quanto vale la Chrysler. Si risolverà  entro il 2014».
Quanto le costa produrre le macchine in Italia e portarle nel mondo?
«Tra l’America e l’Italia parliamo di 1.000 euro».
Quando lei avrà  fatto la fusione non è inevitabile che la testa sia a Detroit?
«Il polo di lusso deve essere sviluppato in Italia. Una Maserati fatta in New Jersey non ha senso».
Tutto sembra farvi portare la testa in America…
«No direi di no. La Volkswagen.. è l’azienda di cui parlavo prima, finalmente l’ho menzionata .. ha la sede a Wolsburg. Faccio difficoltà  a menzionarla..»
Più di Landini addirittura..
«Dal punto di vista competitivo molto molto di più. Faccio degli esercizi alla mattina. Li ammiro dal punto di vista tecnico per essere riusciti a riposizionare il marchio, ma ho difficoltà ».
Lei ha sostenuto molto Monti.Poi però ha detto che non vuole entrare nel gioco elettorale..
«Credo che Monti abbia fatto un grandissimo lavoro per portarci qui. Ma da ora in poi la scelta dipende dagli elettori ».
Che cos’è Torino per lei?
«E’ una bellissima città . Con tutto il bene che voglio a Detroit, Detroit non è Torino».

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