“Riprendiamoci la Rivoluzione” la Tunisia in rivolta dopo il delitto

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TUNISI — Passano correndo decine di ragazzi giovanissimi, inseguiti da schiere di agenti della sicurezza con caschi e divise nere a bordo di rombanti motociclette, passa una lunga fila di camionette della polizia pronte a mettere dentro quelli che possono acchiappare. Davanti al ministero dell’Interno due agenti sono riusciti ad afferrare un ragazzo attraverso un buco nel filo spinato e tirandolo per il maglione l’hanno trascinato senza una scarpa dentro il ministero. Anche ieri come mercoledì l’avenue Bourghiba nel cuore di Tunisi è stata al centro degli scontri. Gruppi di agenti in tenuta d’assalto aspettavano i dimostranti agli angoli dei vicoli, sparando lacrimogeni che per fortuna il vento, che si è levato in giornata dopo una mattina di pioggia, disperdeva. I ragazzi rispondevano con qualche sassata. Ma è solo un assaggio. La giornata cruciale sarà  oggi, quando centinaia di migliaia di persone sono attese ai funerali di Chokri Belaid. La salma sarà  accompagnata al cimitero di Djellaz dalla casa paterna nel quartiere di Jebel Jeloud. Lo choc nel paese è stato grande.
«Morti ce ne sono già  stati. Persone picchiate in carcere, attaccate per strada. Ma questo è il primo omicidio politico organizzato e preparato a sangue freddo» dice un professore di scienze politiche all’Università  di Tunisi, Hamadi Redissi: «Segnerà  una svolta che può sconvolgere lo scacchiere politico». I sindacati hanno indetto per oggi uno sciopero generale, anche questo un novum per la Tunisia. In alcune università  lo sciopero è già  iniziato e giudici e avvocati già  da ieri non lavorano. «Chi ha fatto la rivoluzione oggi non è più politicamente rappresentato. Chokri denunciava la violenza sempre più dilagante. Ennahda dice di essere contro la violenza, ma protegge i Comitati per la salvaguardia della rivoluzione di cui tutti i partiti, anche quelli della coalizione di governo, hanno chiesto lo scioglimento. E ha un occhio di estremo riguardo per i salafisti, che hanno goduto finora di un’assoluta impunità  ».
Il ministero dell’Interno ha reso noto che un poliziotto è morto negli scontri di mercoledì e che l’autista di Chokri Belaid è sotto torchio, interrogato per diverse ore, ha detto un portavoce. Qualcuno l’aveva visto da una finestra parlare con uno degli attentatori prima che Belaid uscisse di casa. O forse ne fanno un capro espiatorio, dice
una vicina di casa della famiglia Belaid che è venuta a dargli l’ultimo saluto, visto che invece degli attentatori invece non c’è traccia.
Noura è una giovane donna che avevo conosciuto durante la manifestazione per i diritti delle donne nell’agosto scorso. Viene dalla provincia, da Gafsa, una famiglia di contadini con sei figli. Già  da studentessa si era fatta conoscere, per la sua resistenza. «Le camere della casa dello studente – spiega – venivano date solo a chi pagava una tangente, era il 2004, io ho deciso di occupare la casa dello studente per quindici giorni. Fu il mio avvio alla politica». Più tardi creò un comitato dei diplomati disoccupati, ne nacquero altri e furono una delle punte di lancia della rivoluzione. Più volte era stata arrestata. Ha ancora speranza? «Nulla è cambiato. Arbitrio e tortura ci sono sempre. La polizia non è cambiata.. ». Ma Noura ha ancora speranza: «Fermeremo gli estremisti. Le donne tunisine non accetteranno mai di vivere come in Afghanistan». «Abbiamo fatto la rivoluzione e oggi ci dobbiamo chiedere: a che scopo? », mi dice uno studente che fa il tassista. Tutti sperano in un governo di unità  nazionale, che sciolga i Comitati e metta finalmente ai posti di governo gente competente, che faccia decollare l’economia, la situazione oggi è ancora peggio
che ai tempi di Ben Ali. «La proposta del primo ministro Jebali, anche se subito respinta da Ennahda, potrebbe essere una via d’uscita», mi dice Redissi. «Jebali è un ennahdista moderato, un realista. Il clan di Gannouchi l’ha subito respinta, sono contro qualsiasi concessione. Ma ormai hanno perduto qualsiasi credibilità , qualsiasi virtù morale in cui la gente aveva potuto credere. Alle elezioni ebbero il 35 per cento, oggi l’80 per cento della popolazione è contro di loro. Per questo è stato ucciso Chokri: perché trovava sempre più consensi proprio in quell’elettorato che aveva votato Ennahda fidandosi delle loro promesse: lavoro, un po’ di benessere economico e tolleranza religiosa».


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