Tornano i fantasmi del Vietnam Tre veterani per la diplomazia Usa

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NEW YORK — «Vieni qui sergente!» Quando aveva bisogno di Chuck Hagel, allora senatore repubblicano del Nebraska, John McCain chiamava così il suo «compagno di banco» al Congresso. Una confidenza cementata dalla comune esperienza di guerra nel Vietnam (Chuck in fanteria, John pilota della Navy, abbattuto nei cieli di Hanoi, tutti e due pluridecorati) oltre che dalla militanza politica: due conservatori seguaci di Reagan, con la testa dura. Un rapporto schietto tra amici col gusto della burla: Hagel ogni tanto si presentava in ufficio con in faccia una maschera di McCain presa da un costume di Halloween. Il senatore dell’Arizona una volta inscenò un finto licenziamento di tutto lo staff di Hagel.
Ieri, però, McCain non scherzava affatto quando, nell’audizione del candidato alla guida del Pentagono davanti alla Commissione Forze armate del Senato, ha stretto alle corde Hagel che non voleva dare risposte dirette alle sue domande sull’estensione dell’impegno militare Usa in Iraq e in Afghanistan. Interventi decisi rispettivamente nel 2007 e nel 2009 da George W. Bush e da Barack Obama. Allora Hagel bocciò quelle scelte e il suo no sull’Iraq segnò anche la rottura politica tra i due vecchi amici: McCain, inizialmente perplesso anche lui per l’invasione del Paese del Golfo, aveva poi scelto di appoggiare in pieno la linea di Bush.
Adesso Hagel la pensa ancora così? E’ sempre convinto che anche Obama, che l’ha appena scelto come ministro della Difesa, abbia sbagliato nel 2009? L’ex senatore del Nebraska prova a spiegare perché prese quelle posizioni, ma il vecchio amico lo gela: «Senatore, deve rispondere alla mia domanda in modo diretto, mi deve dire se era nel giusto o se ammette di avere sbagliato». E quando Chuck gli replica con altrettanta durezza che non risponderà  semplicemente con un sì o con un no, McCain fa calare il gelo: «Credo che la storia abbia già  dato il suo giudizio sull’efficacia di quelle controffensive e lei è dalla parte sbagliata».
Possibile che, quando arriverà  il momento di votare, McCain bocci il politico che nel 2000 fu copresidente della sua campagna per le elezioni presidenziali? L’uomo che, per stargli a fianco, sfidò George Bush e al quale McCain regalò un pubblico «sarò eternamente orgoglioso del rapporto che ci lega»? Molti pensano che la storia conti e che, al dunque, McCain non porterà  fino alle estreme conseguenze la sua evidente ostilità  nei confronti della candidatura di Hagel.
Hagel è un personaggio controverso per le posizioni che ha via via assunto, oltre che sulla guerra in Iraq e Afghanistan, anche sull’embargo nei confronti dell’Iran, il peso della lobby israeliana negli Usa, i militari gay. La Casa Bianca è ancora convinta di poter spuntare la ratifica della sua nomina quando i 26 membri della Commissione voteranno: nonostante le perplessità , diffuse anche in campo democratico, almeno 12 senatori progressisti e un repubblicano, Thad Cochran del Mississippi, voteranno per Hagel. Sei senatori repubblicani hanno già  annunciato il voto contrario, dichiarando che quella di Hagel è la scelta sbagliata per l’America. McCain ha detto cose non molto diverse, ma, come altri suoi colleghi, non ha ancora annunciato come voterà .
Di certo il fantasma delle divisioni sul Vietnam, scacciato dalla politica americana con l’elezione di un presidente, Barack Obama, che aveva 14 anni alla fine di quella guerra, torna improvvisamente a condizionare le strategie internazionali degli Stati Uniti attraverso le storie intrecciate di tre protagonisti centrali: i ministri degli Esteri e della Difesa e il parlamentare più influente degli organismi di controllo del Congresso.
McCain e Hagel hanno rotto sull’Iraq, non sul Vietnam, è vero, ma su quella che oggi il senatore dell’Arizona chiama «la nostra profonda divergenza di vedute del ruolo globale dell’America» probabilmente pesa proprio il Vietnam e il modo diverso nel quale i due hanno vissuto quella guerra: McCain che combatteva dal cielo e che poi, abbattuto e catturato, è tornato negli Usa dopo anni di prigionia accolto da eroe. Hagel, invece, dopo aver combattuto nel fango e nella giungla e aver visto morire tanti compagni, non è diventato di certo un pacifista, ma si è convinto che la guerra va presa in considerazione solo in circostanze estreme. Insomma un prudente realismo, molto diverso dall’atteggiamento di un McCain che va sempre all’assalto agitando la bandiera dell’«eccezionalismo» americano.
Certo, anche John Kerry, come Hagel, ha combattuto e sofferto nella giungla vietnamita. E, una volta tornato a casa, è diventato un fiero oppositore di quella guerra. Eppure McCain, che oggi minaccia di bocciare Hagel, ha appena dato il suo pieno appoggio alla scelta di Kerry come nuovo Segretario di Stato. Anche qui, come spiegava ieri il Financial Times, pesa il Vietnam, ma in un altro modo: McCain era un fiero avversario del senatore democratico, tanto che andò fino in Massachusetts, il suo Stato, a fare campagna contro di lui. Ma poi i due cominciarono a lavorare insieme a Washington, impegnandosi soprattutto nella comune battaglia per il ripristino delle relazioni diplomatiche e commerciali col Vietnam. E diventarono amici.


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