Adesso è partita la corsa al Quirinale

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ALTRIMENTI da martedì, senza un governo con i pieni poteri, senza più un capo dello Stato, con le tre principali forze politiche incapaci di formare una maggioranza, davvero l’Italia avrebbe rischiato grosso sui mercati. È stata questa la motivazione principale che ha convinto Napolitano, dopo una notte insonne, a resistere qualche altro giorno al suo posto, pur nello scoramento per la trattativa fallita per arrivare a un “governo di scopo”.
Nei colloqui riservati con importanti esponenti della comunità  d’affari interna e internazionale, nei contatti con la Banca d’Italia, il capo dello Stato ha trovato infatti la conferma dei suoi timori: le sue dimissioni, per quanto giustificate dallo stallo politico e dalla volontà  di accelerare l’elezione di un successore «con i pieni poteri», sarebbero state lette sui mercati come il suggello finale di un paese allo sbando. Senza timone e senza timonieri. «Lei è l’unico punto di riferimento rimasto in Italia», gli hanno ripetuto in molti. Una telefonata ci sarebbe stata ieri anche con Mario Draghi, il presidente della Bce, che gli avrebbe appunto ribadito i rischi seri sui mercati per l’incertezza della situazione politica. Con le agenzie di rating pronte a un ulteriore declassamento del Paese. Una situazione insostenibile, che ha consigliato prudenza al Presidente. Anche il rapporto con Monti si ricostituito, dopo le tensioni dei giorni scorsi legate alla vicenda incresciosa delle dimissioni del ministro Terzi. Ieri il capo dello Stato si è sentito al telefono con il premier (anche per chiedergli il “permesso” di inserire Moavero nella squadra) e a Monti ha fatto molto piacere constatare che il Presidente lo avesse nuovamente investito di fiducia, definendo il governo ancora «operativo », «in carica» e «non sfiduciato dal Parlamento».
Ma certo Napolitano è il primo a sapere che le due commissioni di saggi serviranno a futura memoria. Egli stesso lo ha fatto capire, spiegando che i testi prodotti dagli esperti «potranno costituire comunque materiale utile: voglio dire anche per i compiti che spetteranno al nuovo presidente della Repubblica nella pienezza dei suoi poteri». Napolitano è infatti consapevole che spetterà  al successore nominare il nuovo capo del governo. Il programma uscito dalla commissione di sherpa faciliterà  il lavoro. E gli stessi componenti della squadra, i dieci saggi, potrebbero diventare i futuri ministri del governo del Presidente. Di fatto la loro indicazione consente di congelare la crisi, proiettando in avanti l’ora della decisione. «Guadagnare tempo » quindi, per i mercati e per lasciare al prossimo inquilino del Colle la scelta.
Già , il nuovo capo dello Stato. Di fatto è questa la partita che si è aperta ieri, lasciando sullo sfondo il tentativo di formare il governo. Nelle consultazioni con i presidenti delle Camere, Napolitano si è sincerato che venga fatto ogni sforzo per accelerare le procedure di convocazione del Parlamento in seduta comune. E se prima si parlava di lunedì 22 aprile come inizio delle votazioni, adesso sembra che si riuscirà  ad anticipare a giovedì 18. In modo che già  all’inizio della settimana successiva, forse già  lunedì 22, potrebbe saltar fuori il nuovo capo dello Stato.
L’obiezione di attendere le elezioni in Friuli non vale più, dato che il Consiglio regionale ha provveduto a nominare la scorsa settimana i rappresentanti da mandare a Roma per partecipare all’elezione del presidente della Repubblica. Per stringere ulteriormente i tempi, Napolitano starebbe valutando anche l’ipotesi di lasciare anzitempo (la fine del mandato è fissata al 15 maggio) – ma solo ad elezione avvenuta – in modo da evitare la coabitazione e passare subito le consegne.
Se la gara per il Colle è di fatto aperta, opposti sono gli scenari e gli identikit dei possibili pretendenti. «L’elezione del capo dello Stato — ragiona Lorenzo Dellai, uno di quelli che ha suggerito a Napolitano l’idea dei saggi — sarà  il banco di prova per vedere se i partiti vogliono un Presidente da combattimento oppure una figura di garanzia e di equilibrio. È chiaro che se il clima si deteriora, l’elezione sarà  una prova muscolare e si avvicinerà  la fine anticipata della legislatura ». Presidenti diversi per scenari diversi. Un Presidente «di combattimento» potrebbe essere Romano Prodi se il centrosinistra rompesse ogni dialogo con Berlusconi. E non a caso ieri Grillo ha citato come possibile presidente proprio il fondatore dell’Ulivo, uno che «cancellerebbe Berlusconi dalle carte geografiche». E che potrebbe uscire fuori grazie ai voti di Pd e cinquestelle. Ma certo è possibile che il lavoro dei saggi porti a un cambiamento del clima e che si arriva a un capo dello Stato frutto dell’intesa tra centrodestra e centrosinistra. Sono tre i nomi che circolano in questa cornice. Nell’ordine: Giuliano Amato, Franco Marini e Massimo D’Alema. Se uno dei tre riuscirà  a salire al Quirinale vorrà  dire che si sarà  formata una maggioranza politica Pd-Pdl, capace anche di dar vita a un governo del Presidente o persino di Grande Coalizione. La terza ipotesi è quella più caldeggiata da Scelta Civica e dal centrodestra: la riconferma di Napolitano. Nonostante la netta contrarietà  dell’interessato, sia Berlusconi che i montiani ancora ci sperano. Perché a un Napolitano nella pienezza dei suoi poteri difficilmente il Pd potrebbe dire di no.


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