Democratici alla conta. Bersani «chiama» la Lega

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ROMA — Le divisioni sono il pane quotidiano del Pd, ma ieri, per la prima volta, una fronda consistente è uscita allo scoperto. È guidata dai cosiddetti «giovani turchi», i quarantenni della sinistra bersaniana che non intendono votare Dario Franceschini alla Camera.
Minaccia Matteo Orfini conversando con i compagni di corrente: «Stiamo preparando un golpe». Spiega Andrea Orlando: «Per carità  io non ho niente di personale contro Finocchiaro e Franceschini. Sono due stimabilissime persone, però non ci si può presentare con le loro due candidature: sanno di «vecchio» e invece ci vuole assolutamente un segno di discontinuità , a meno che non vogliamo che Grillo raggiunga l’80 per cento». Chiude il cerchio Stefano Fassina: «Lorenzo Dellai alla Camera e Anna al Senato. Questa è una buona ipotesi, a patto ovviamente che Monti dia il via libera». Il lettiano Francesco Boccia concorda: «Bisogna dare un segnale di rinnovamento: Finocchiaro al Senato è inevitabile perché ha i voti della Lega, mentre alla Camera Dellai sarebbe una soluzione». E sembra una soluzione anche allo stesso segretario e al suo vice Enrico Letta, che parlano con Pier Ferdinando Casini e Lorenzo Cesa per capire se nel fronte montiano ci sia chi può convincere il premier ad accettare questa soluzione che ieri mattina lo aveva fatto andare su tutte le furie, perché Dellai era stato contattato dal Pd senza interpellare prima lui.
Ma se il presidente del Consiglio dovesse rimanere irremovibile e non dare questo via libera? «Allora — spiega a un capannello di deputati Matteo Orfini — proponiamo qualcun altro, uno nostro o uno di Sel». Così in questa giornata più che convulsa qualcuno fa il nome di Andrea Orlando, ma lui smentisce. Dario Franceschini, però, non è pessimista: ritiene che Monti non darà  l’ok all’operazione Dellai e che il golpe contro di lui fallirà . Anche perché difficilmente Bersani potrebbe sbarrargli il passo se l’ipotesi di un montiano alla Camera dovesse tramontare. Del resto, il leader del Partito democratico lo aveva già  detto l’altro ieri ad alcuni deputati: «Noi cerchiamo la corresponsabilità , andremo con Franceschini e Finocchiaro solo se saremo costretti perché non vi saranno le condizioni per fare altrimenti». Ecco perché Franceschini non dispera. Tant’è vero che tra il serio e il faceto incrociando un giornalista di un quotidiano di centrodestra gli dice: «Mi tratterete meglio del mio predecessore?».
Ma nei corridoi di Montecitorio non si parla solo delle presidenze delle Camere. Infatti c’è già  chi pensa al governo. «Bisogna farlo velocemente perché i problemi sono veramente troppi e urgenti. Occorre governare questo Paese», spiega in Transatlantico Pier Luigi Bersani. Non più con i grillini: quel tentativo è naufragato. «È un discorso chiuso», precisa il leader. E allora? E allora il gruppo dirigente del Partito democratico punta ora ad aprire un canale di comunicazione con la Lega. Nessuno chiede i voti al Carroccio, perché si sa che questo è impossibile, però in cambio di un nono punto nel programma di Bersani (sul federalismo e le macroregioni), i senatori leghisti, con qualche assenza ben calcolata ed evitando di dare la sfiducia, potrebbero consentire al governo di prendere il via. Bersani, che a Montecitorio incontra Umberto Bossi e ha un lungo colloquio con Giancarlo Giorgetti, sgrana gli occhi quando gli si chiede se vuole avviare un dialogo con la Lega. Però non smentisce con particolare fermezza nè con eccessiva veemenza. E infatti i giornalisti non interpretano il suo come un «no».
Dunque la Lega. Che non vuole andare alle elezioni e che ha bisogno di due anni di tranquillità . Nichi Vendola quando sente dell’ultima trattativa non sbarra la porta: «Vediamo», si limita a dire il leader di Sel. In questo clima il deputato più ricercato è Daniele Marantelli, varesotto, grande amico sia di Roberto Maroni che di Umberto Bossi. I «giovani turchi» lo invitano alla loro riunione per capire quali potrebbero essere le vere mosse del Carroccio. La domanda che gli viene rivolta più frequentemente è questa: «Ma la Lega darebbe un via libera solo a un governo Finocchiaro o anche a un governo Bersani». Il nodo non si scioglie. E comunque un po’ tutti nel Partito democratico pensano che questa soluzione sia molto complicata da spiegare all’elettorato di centrosinistra.
A questo punto in una parte del Pd aleggia un sospetto: che sotto sotto il segretario abbia in mente quella che è stata ribattezzata scherzosamente la soluzione Zabriskie Point. Il riferimento è alla scena finale del film di Michelangelo Antonioni: quella in cui una villa salta in aria. In questo caso a saltare in aria sarebbero tutte le opzioni diverse dalle elezioni a giugno. C’è chi giura che Bersani in realtà  punti a questo, con l’intenzione di guidare il centrosinistra verso nuove elezioni.


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