Eni, ai cinesi il 20% del gas in Mozambico

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LONDRA — Sulla torta di un piano strategico per il prossimo triennio che promette “eccezionali opportunità  di crescita”, presentato agli investitori della City, l’Eni mette una ciliegina in realtà  non tanto piccola. Poche ore prima di cominciare il “road show” londinese, l’azienda italiana annuncia infatti la vendita alla Cina del 20 per cento del megagiacimento di gas di cui è proprietaria in Mozambico, per un valore di oltre 4 miliardi di dollari. L’avvio di una partnership con Pechino: non a caso l’amministratore
delegato Paolo Scaroni, correggendo un giornalista, non lo definisce «un affare, bensì una mossa strategica». E sul piano delle strategie l’Eni disegna un futuro roseo: con la produzione di idrocarburi data in crescita di almeno il 4% annuo fino al 2016, una struttura patrimoniale rafforzata (con nuovo target del leverage tra il 10 e il 30%), una proposta di dividendo da distribuire agli azionisti di 1,10 euro nel 2013 e un nuovo programma di buyback, dati che si aggiungono all’utile netto consolidato di 7,7 miliardi di euro nel bilancio approvato ieri dal consiglio di amministrazione della società . «Abbiamo una serie di progettipronti ad entrare in produzione nei prossimi 24 mesi», dice Scaroni agli investitori internazionali venuti ad ascoltarlo a Londra. «Questo, insieme ai nostri eccezionali successi esplorativi, si tradurrà  in un decennio di forte crescita».
Così più tardi, incontrando la stampa, l’ad dell’Eni non esita a chiarire che si ricandiderà  alla guida della compagnia, senza accennare alle sue vicende giudiziarie: «Il mio contratto prevede che io mi renda disponibile a un nuovo mandato, fa parte dei miei obblighi e confermo che intendo assolverli». Quanto alla possibile incidenza dell’instabile situazione politica italiana sull’attività  dell’Eni, Scaroni minimizza: «Non direi che governi italiani più stabili siano stati favorevoli alle nostre esplorazioni in Italia. Berlusconi per esempio ha esteso da 5 a 10 chilometri dalla costa il divieto di esplorare nuovi giacimenti, che è come vietare le esplorazioni in assoluto. Un governo instabile — ironizza — potrebbe trattarci soltanto meglio». Minimizza anche il presidente Giuseppe Recchi, ricordando che «l’Eni fa il 90% del suo business all’estero e tutti i business fatti fuori da Europa ed Italia sono in crescita». La torta Eni, insomma, continua a essere quanto mai appetibile, secondo i suoi dirigenti. E sopra la torta c’è la ciliegina della cessione di un quinto dell’Area 4, il super giacimento del Mozambico, alla China National Petroleum Corporation. La Cina, ora, è un po’ più vicina al cane a sei zampe.


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