I BAMBINI DROGATI AI TEMPI DI DICKENS

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Leggiamo le seguenti parole non con lo spirito e l’assuefazione di oggi, ma con i sentimenti di un attento viaggiatore straniero nell’Inghilterra del 1845: «Una volta feci il viaggio per Manchester in compagnia di un borghese e gli parlai delle pessime e malsane costruzioni, delle condizioni orribili dei quartieri operai, dichiarando di non aver mai visto una città  costruita peggio. Quell’uomo ascoltò tutto ciò tranquillamente, poi mi salutò dicendo: «And yet, there is a great deal of money made here» cioè
«eppure qui si guadagna una gran quantità  di soldi, buon giorno, signore» . Sembra una pagina di Dickens (in quell’anno in vacanza in Italia). L’autore era in realtà  un ventiquattrenne industriale tedesco, Friedrich Engels, che nel 1845 pubblicò a Lipsia una inchiesta condotta nelle città , nelle grandi fabbriche, nelle campagne, nelle piccole imprese artigiane, nelle miniere inglesi. Quell’inchiesta diventerà  un classico della storia del pensiero politico (Le condizioni della classe operaia in Inghilterra. In base a osservazioni dirette e fonti autentiche) e il titolo richiama le “osservazioni dirette” necessarie a conoscere la verità .
A quel tempo, “vedere” le cose non era semplice perché a molti mancavano precisi riferimenti ideologici e politici, era diffuso però un disagio morale di fronte a quell’evidente situazione sociale, e in particolare gli scrittori e i romanzieri non potevano far finta di nulla. Quattro anni dopo, infatti, nel 1849, Charlotte Brontà« con il romanzo Shirley toccherà  il punto dolente della diffusa disoccupazione dei tessitori («la miseria genera odio», diceva la intelligente borghese Brontà«), e nel 1854 Dickens, dopo la colorita descrizione letteraria dei bassifondi di Londra dell’Oliver Twist, affronterà  in Tempi difficili il problema studiato da Engels. Ma ventidue anni passeranno prima che Marx dilati il quadro di quelle condizioni di vita dei lavoratori e del loro ambiente sociale nello scenario scientifico più ampio del Capitale.
Tuttavia, Engels, Marx, Brontà«, Dickens non erano soli. C’erano anche i medici, e altri scrittori, da Thomas Carlyle (con Past and Present del 1843) a Thomas de Quincey (con The Logic of Political Economy del 1844) che “osservavano” da tempo il degrado incredibile e in particolare certi aspetti di quello sviluppo economico che ormai restano soltanto tra le pagine della storia Uno di questi era il lavoro delle donne e dei bambini, la cui immissione nella produzione sostituiva gradualmente il lavoro maschile, molto più costoso. «Tre fanciulle di tredici anni — scriveva de Quincey — con salari dai sei agli otto scellini la settimana, hanno preso il posto di un solo uomo maturo con un salario dai diciotto ai quarantacinque scellini». La conseguenza di questa sostituzione di soggetti fu la progressiva disarticolazione della struttura familiare degli operai inglesi, la diffusione eccezionale dell’alcolismo (nel 1844 a Glasgow la domenica si contavano trentamila operai ubriachi e a Manchester fiorivano un migliaia di jerry shops e di taverne), l’introduzione delle droghe tra gli adulti e, con la complicità  delle madri lavoratrici, tra i bambini.
La droga: fu questa l’agghiacciante scoperta dei medici. L’oppio e il laudano si spacciavano in dosi massicce ma non clandestinamente. Gli stupefacenti facevano parte dei prodotti del mercato dal quale gli operai si rifornivano normalmente. Meglio dell’alcol, l’oppio dava un sostegno all’organismo simulando uno stato di efficienza fisica. Ma lo sfruttamento eccessivo del lavoro delle donne spingeva molte operaie non solo a occuparsi sempre meno dei loro neonati (che venivano lasciati, nel corso della giornata, a se stessi o a vicini di casa), ma a stordirli con droghe speciali per renderli inerti e controllabili. Queste droghe speciali per lattanti si trovavano in confezioni normali presso i negozianti. Il maggior successo lo ebbe uno sciroppo dal nome Godfrey’s cordial, a base di oppio. Fu l’inizio di un infanticidio di massa e la mortalità  infantile tra i figli degli operai crebbe a livelli altissimi. I medici, insospettiti, scoprirono una relazione tra l’alta mortalità  e l’uso dello sciroppo. Nel 1861 a Londra un’inchiesta sanitaria ufficiale attribuì la mortalità  allo stato di denutrizione e di abbandono affettivo dei bambini, e a un «intenzionale avvelenamento da oppiacei» da parte delle madri. «L’inchiesta ha mostrato che, mentre nelle circostanze descritte i bambini muoiono per la negligenza e la sregolatezza dovuta alle occupazioni delle loro madri, le madri divengono snaturate verso i loro figli non preoccupandosi molto per la loro morte e perfino prendendo misure dirette per provocarla».
In una successiva inchiesta del dottor Henry Hunter (Sixth Report on Public Health) pubblicata a Londra nel 1864, era detto: «Il grande fine di alcuni intraprendenti mercanti all’ingrosso è di promuovere la vendita degli oppiacei. I droghieri li considerano infatti l’articolo di più facile smercio». L’esempio veniva dall’alto: l’oppio era divenuto una voce della produzione industriale inglese così redditizia che in quegli anni con un atto di violenza imperiale l’Inghilterra aveva imposto con le cannoniere all’India e soprattutto alla immensa Cina di acquistare tonnellate di oppio. L’opposizione della Cina aveva provocato, appunto, la “guerra dell’oppio”. Ma le vittime interne inglesi erano soprattutto tra i più innocenti. Al quadro estremo delle condizioni di “atrofia morale”, di squilibrio individuale e sociale provocato dal modo come veniva gestito il lavoro nelle fabbriche il rapporto del dottor Hunter diede il tocco finale. I lattanti ai quali si somministravano oppiacei «si accartocciavano come piccoli vecchietti, o raggrinzivano come scimmiette».


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1 comment

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  1. Gaetano Fasulo
    Gaetano Fasulo 25 Luglio, 2017, 20:47

    Forse un giorno si ricorderà che all’inizio del XXI Secolo si somministrava ai bambini psicofarmaci perché troppo vivaci ( diagnosi classica iperattivi ) …. avvelenandoli più o meno ( se non peggio ) come si faceva in Inghilterra con i derivati dell’oppio ….l’umanità non impara mai dagli errori; piuttosto è portata a ripeterli ….

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