I destini incrociati dei colossi hi-tech Apple sotto i 400 miliardi, corre Google

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NEW YORK — La settimana scorsa, ad un’assemblea insolitamente agitata, Tim Cook ha dovuto rispondere a domande di tutti i tipi: perché non ci sono bagni pubblici negli Apple Store? Arrivano l’iWatch e magari anche l’iBike, una bicicletta computerizzata col logo della mela? Che fine ha fatto la tanto attesa AppleTV? Perché la nuova sede che verrà  costruita a Cupertino ha la forma di un’astronave? Il manager che ha ereditato da Steve Jobs la guida dell’impresa-icona delle tecnologie digitali ha risposto a tutti con grande garbo e tranquillità , consapevole che l’irritazione dalla quale nascevano quesiti anche stravaganti ha le sue ragioni nel forte calo del titolo che, dopo un’ascesa fenomenale, negli ultimi mesi ha perso il 40%. E anche nella scelta della Apple di tenersi in cassa i ben 137 miliardi di dollari di liquidità  che ha accumulato, senza distribuirli agli azionisti.
Ieri l’azione Apple ha recuperato più del 2%, beneficiando di una giornata boom della Borsa di New York che ha infranto un altro record, ma i sei giorni precedenti erano stati un calvario di cali continui col titolo sceso fin sotto i 420 dollari rispetto agli oltre 700 dell’autunno scorso. Ed è cominciato il tam tam allarmistico di giornali, siti e televisioni: «Cosa è successo a questa aziende che ha perso, in termini di valore del capitale, 262 miliardi di dollari, più o meno quanto il Pil della Grecia?» Titoli come questo hanno accentuato le reazioni ansiogene degli investitori che da tempo si chiedono se la società  californiana ha perso il suo tocco magico.
Apple soffre perché non ha più la guida carismatica di Jobs, perché i prodotti presentati negli ultimi due anni sono tutti miglioramenti di versioni precedenti, senza le innovazioni rivoluzionarie alle quali i consumatori si erano abituati, e anche per l’enorme aggressività  del concorrente Samsung che coi suoi Galaxy è diventato il leader indiscusso nel mercato degli smartphone. Proprio due giorni fa il gigante coreano ha comunicato di aver venduto 100 milioni di telefonini Galaxy da quando, a metà  2010, questo modello è stato introdotto sul mercato.
L’ultima versione, l’S3, è stato il cellulare più venduto nella seconda parte dello scorso anno e da tempo gli analisti si aspettano il lancio di un nuovo smartphone con caratteristiche abbastanza rivoluzionarie mentre dei progetti di Apple si sa poco. Il successore dell’iPhone5 non dovrebbe arrivare prima della fine dell’estate, mentre ad aprile potrebbe essere presentata una nuova versione dell’iPad.
Gli investitori adesso sperano nell’iWatch, il cellulare-computer da mettere al polso, per fermare l’avanzata del rullo compressore Samsung, che sta schiacciando anche gli altri produttori di terminali mobili, da BlackBerry a Nokia. L’unico gigante tecnologico Usa oggi in gran salute è Google, che beneficia anche del boom del produttore asiatico: i Galaxy, infatti, sono basati sulla piattaforma Android dell’azienda di Mountain View.
Google, il cui valore ieri ha raggiunto la quotazione record di 837 dollari, ormai è la terza società  della Borsa americana per capitalizzazione, dietro Exxon e la stessa Apple. Ma molti analisti già  suggeriscono che il titolo, salito del 30% da novembre a oggi, potrebbe arrivare addirittura a quota mille dollari. Un’egemonia Samsung sul mercato dei terminali mobili non piace, però, nemmeno a Google che teme lo strapotere dei coreani e spera nel successo degli altri utilizzatori della piattaforma Android, dai cinesi di Htc alla Hewlett Packard. Ma fin qui la marcia della Samsung è stata travolgente.
L’azienda fondata da Larry Page e Sergey Brin, che nel 2011 ha acquistato Motorola, spera di usare il produttore americano di cellulari ed altre attrezzature per le trasmissioni digitali come una sorta di polizza di assicurazione contro una eccessiva invadenza di Samsung. Per ora i risultati su questo fronte sono scarsi. L’azienda coreana, che pochi giorni fa ha ottenuto dai tribunali americani anche un sostanzioso sconto sulla multa miliardaria che deve pagare alla Apple per aver usato illegalmente i suoi brevetti, l’anno scorso ha immesso sul mercato mondiale ben 215 milioni di telefonini (Galaxy più gli altri modelli) pari al 40 per cento del mercato mondiale. Apple si è fermata a quota 136 milioni (25 per cento) e gli altri produttori si sono divisi il resto.
Una delle contromisure studiate da Cook è l’introduzione nel proprio catalogo di un iPhone semplificato e a prezzo ridotto, per andare oltre il mercato dei prodotti premium. Ma è una scelta rischiosa: il marchio della mela è legato al concetto di eccellenza, all’idea del prodotto trendy e di qualità  che si paga caro, non al low cost.


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