Indagine parallela, l’Italia si rivolge alla Nia
Il supplemento investigativo dovrebbe essere affidato all’Agenzia nazionale di investigazione (Nia). Dopo una consultazione, i ministeri dell’Interno e della Giustizia del Paese asiatico hanno espresso l’intenzione di provare che le «leggi indiane sulla sicurezza marittima e sulle acque territoriali non entrano in conflitto con nessuno dei trattati o convenzioni delle Nazioni Unite». In una petizione che verrà sottoposta alla Corte Suprema si propone quindi che «il caso sia trasferito alla Nia che potrà realizzare ulteriori indagini». Le autorità indiane hanno stabilito che si occuperà del caso una corte speciale con sede a New Delhi, che potrà condannare i fucilieri ad un massimo di sette anni, e non il tribunale del Kerala come previsto in un primo momento. Secondo l’avvocato dei due fucilieri Carlo Sica, gli imputati saranno chiamati a deporre «davanti a un organo giurisdizionale, e sarà possibile che siano accolte altre testimonianze».
Per una celere soluzione della vicenda che ha costretto alle dimissioni il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi, si è espresso l’ambasciatore Daniele Mancini, tenuto agli arresti domiciliari a New Delhi all’annuncio della mancata riconsegna dei due marò all’India, e lasciato libero di muoversi al loro rientro, lo scorso 22 marzo, auspicando «un giudizio equo e rapido». Mentre il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, che due giorni fa si era scusato pubblicamente con i due fucilieri per non esser riuscito a trattenerli in Italia, si è recato a Bari e a Taranto per fare visita alle famiglie dei due marò e rassicurarli del fatto che «non li lasceremo soli». Nel frattempo in Italia è entrato in vigore il regolamento stilato dal Viminale, in ottemperanza al decreto legge 107/2011, che disciplina l’utilizzo di guardie giurate private sulle navi mercantili italiane che operano in acque internazionali a rischio di pirateria. Da oggi, quindi, al posto dei marò si potranno utilizzare anche vigilantes armati.
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