La furia dei ribelli islamici sulla capitale centrafricana

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PARIGI — Stavolta la Francia interviene a cose fatte, manda altri 350 soldati che si aggiungono ai 250 già  presenti a Bangui per proteggere gli espatriati francesi, ma la capitale della Repubblica centrafricana da ieri mattina è ormai nelle mani dei ribelli.
Il presidente Franà§ois Bozizé è fuggito nella vicina Repubblica democratica del Congo, e gli uomini della Seleka («coalizione» in lingua sango) hanno conquistato il palazzo presidenziale e poi il resto di Bangui, città  di 600 mila abitanti sul fiume Ubangi che la separa dal Congo.
La caduta del regime ha provocato esecuzioni sommarie e saccheggi, la capitale è nel caos. I ribelli hanno ucciso una decina di soldati sudafricani, parte del contingente di 300 uomini inviato nei mesi scorsi da Pretoria a protezione di Bozizé. Il presidente venerdì aveva compiuto una visita lampo in Sudafrica per incontrare Jacob Zuma e sollecitare nuovi aiuti militari. Troppo tardi.
Anche nella Repubblica centrafricana, come in Mali, la ribellione arriva dal Nord ed è costituita soprattutto da musulmani, centrafricani o provenienti dai Paesi vicini, Ciad e Sudan. Nella Repubblica centrafricana, Paese grande quanto la Francia popolato da cinque milioni e mezzo di abitanti, gli islamici del Nord non superano il 15 per cento e sono sempre rimasti ai margini del potere, dominato dalla maggioranza cristiana.
La questione etnica è stata sfruttata a lungo dal presidente Bozizé, che ha cavalcato la paura della «minaccia islamica» per ottenere l’appoggio della comunità  internazionale. Ma il suo regime si è distinto per corruzione, inefficacia e violenza a cominciare dalla presa del potere con un colpo di Stato militare, nel 2003. Allora Bozizé depose il predecessore Ange-Félix Patassé, sostenuto dalla Francia, mentre questi si trovava in visita nel Niger; nel 2005 e poi nel 2011 elezioni dalla dubbia regolarità  confermarono Bozizé al comando dell’ex colonia francese.
Il presidente Franà§ois Hollande, che nel caso del Mali aveva inviato i soldati per evitare in extremis la caduta della capitale Bamako, ieri in un comunicato ha «preso atto» della partenza di Bozizé, invitando «tutte le parti alla calma e al dialogo sulla base dell’accordo di Libreville dell’11 gennaio scorso».
Michel Djotodia, rappresentante dei ribelli di Seleka, ha giustificato il ritorno alle armi proprio con il mancato rispetto dell’accordo di Libreville da parte del campo di Bozizé. Integrazione nell’esercito regolare delle forze di Seleka, rimpatrio dei soldati del Sudafrica, liberazione dei prigionieri politici: queste erano le condizioni poste dai ribelli per la loro permanenza nel governo di unità  nazionale deciso a Libreville, ma a loro dire sono state disattese dall’ormai ex presidente.
Dall’indipendenza nel 1960 la Repubblica centrafricana non ha mai conosciuto una vera stabilità , neppure nella fase tragicomica dell’imperatore Bokassa I. Da allora la Francia è intervenuta a più riprese ma a dicembre, quando i ribelli si avvicinavano, Hollande si è limitato a mandare un contingente per proteggere i suoi cittadini senza fare di più in favore di Bozizé, suscitando le proteste della popolazione e persino un assalto all’ambasciata francese.


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