LA PRIMAVERA DEI BLOGGER SFIDA L’AUTUNNO DEL REGIME

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L’articolo 21 non è servito certamente alla madre di Sattar Beheshti, che da cinque mesi cerca disperatamente di scoprire la verità  sulla morte del figlio, arrestato in ottobre scorso e chiuso nella stazione della polizia di Feta, da cui è uscito cadavere il 3 novembre. Sattar aveva 35 anni, era un giornalista freelance e un apprezzato blogger. Si tratta di una triste storia iraniana che tuttavia ha molti precedenti nella lunga cronaca della censura nella Repubblica islamica.
Tutto è cominciato con l’autocensura, indispensabile per non permettere al “nemico” di creare una quinta colonna nelle strutture di sicurezza del Paese. Erano i primi tragici giorni della “guerra imposta”, quando nel settembre del 1980 Saddam Hussein invase il Khuzestan, l’importante regione petrolifera nell’Iran meridionale. L’euforia per la caduta della monarchia si era però già  offuscata molti mesi prima, con la presa degli ostaggi nell’ambasciata americana. Anche allora si era parlato di autocensura, a cui si era opposto Bazorgan, il primo ministro costretto alle dimissioni. La guerra fa aumentare le nubi grigie della repressione e la prima vittima è stato il giornale Misan, che riportava sotto la testata la frase «il voto è del popolo ». Poco dopo chiude anche Enghelab eslami, il giornale fondato da Bani Sadr, il primo presidente iraniano, caduto anche lui in disgrazia.
La relativa libertà  di stampa nel periodo post-bellico è invece stroncata paradossalmente nella seconda fase della presidenza riformista di Khatami, a partire dal 2000, con la rivolta degli studenti negli atenei e l’uccisione di universitari a Teheran. Khatami confessa la propria impotenza di fermare i tribunali islamici e intanto vengono chiuse ben 28 testate. Sono gli anni degli “assassinii a catena”, con le squadre della morte che all’alba bussano alla porta degli intellettuali e dei giornalisti sparandogli a bruciapelo oppure trascinandoli negli scantinati delle sedi dei gruppi paramilitari all’ordine degli ultraconservatori. È iniziato l’inquietante autunno per la libertà  di stampa, divenuto un fenomeno costante con l’arrivo al potere di Mahmud Ahmadinejad. In edicola ora gli iraniani trovano quasi esclusivamente la stampa di regime, ma non per questo spariscono i giornalisti coraggiosi, molti dei quali donne e comunque giovani. La stampa cartacea nel frattempo ha lasciato il posto all’informazione online, che conosce una straordinaria diffusione durante la nascita dell’Onda Verde di quattro anni fa. Crescono dentro e fuori dal Paese i siti gestiti in autonomia e aumentano i blogger di razza. Così anche il regime prova la propria impotenza a bloccare il flusso delle notizie, vittima a sua volta della tecnologia che lo supera e lo sovrasta. Non basta insomma chiudere siti, installare filtri, arrestare giornalisti e blogger. Probabilmente non basta neppure massacrare di botte Sattar Beheshti, perché molti giovani iraniani sono ormai in grado di navigare su Internet e trovare altri Sattar.


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